LA GUERRA IN EUROPA
Proposta per la risoluzione della crisi nel e intorno al Kosovo
di Johan Galtung, Kinhide Mushakoji e Ramon Lopez-Reyes
9 aprile 1999
Lattuale guerra illegale della NATO in Serbia non porta a nessuna soluzione durevole. Lunica via passa per i negoziati e non per i diktat e, contestualmente ai negoziati, per unimmediata cessazione delle ostilità e delle atrocità e per un accordo su una massiccia operazione di pace da parte delle Nazioni Unite.
Per una soluzione politica va presa in considerazione la posizione espressa dallex segretario generale delle Nazioni Unite Perez de Cuellar allallora ministro tedesco degli affari esteri Hans Dietrich Genscher nel Dicembre 1991: non si favorisca alcuna parte in causa; si metta a punto un piano che riguardi tutta lex-Jugoslavia; ci si assicuri che tale piano sia accettabile per le minoranze.
In questo spirito suggeriamo:
- Che le Nazioni Unite, che hanno da imparare dai propri precedenti insuccessi, sostituiscano la NATO e assumano un ruolo di mantenimento della pace in Jugoslavia, incluso il Kosovo, con un contingente da paesi non-NATO. Le Nazioni Unite dovrebbero mobilizzare tutte le proprie agenzie, lAlto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR), il Fondo per lInfanzia (UNICEF), lOrganizzazione Mondiale per la Sanità (WHO) etc. per ricostruire il Kosovo e, ancora prima, per rispondere ai bisogni fondamentali delle persone e per garantire un ritorno sicuro ai rifugiati.
- Nel caso in cui il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite venga paralizzato da un veto statunitense o russo, ciò dovrebbe dare legittimità allAssemblea Generale e al segretario generale delle Nazioni Unite per assumere un ruolo attivo nel negoziare la fine delle ostilità. Il segretario generale potrebbe essere coadiuvato in questo ruolo da un gruppo di eminenti leader mondiali quali Nelson Mandela, lex presidente tedesco Richard von Weizsaecker e Jimmy Carter. E necessaria a questo proposito la pressione dellopinione pubblica.
- Le Nazioni Unite e lOrganizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) dovrebbero organizzare una Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione nellEuropa sud-orientale. Il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite è troppo distante, lUnione Europea e la NATO troppo parziali. Tutte le parti coinvolte (compresi sotto-stati, super-stati e non-stati) dovrebbero esservi invitati a discutere tutti i temi importanti oggi in agenda; la conferenza dovrebbe durare da tre a cinque anni.
- I negoziati dovrebbero aspirare a creare un Protettorato Kosovo Zona di Pace - sotto il controllo diretto delle Nazioni Unite o, se le circostanze politiche non lo permettano, sotto un mandato OSCE. Il Protettorato dovrebbe comprendere un Ufficio amministrativo; una Task force per i negoziati formata da personale in pensione che abbia esperienza di diplomazia, risoluzione nonviolenta dei conflitti e negoziati internazionali; unUnità consultiva legale; Squadre di riconciliazione, sparse in tutta la regione per promuovere la riconciliazione fra le parti in conflitto, il rispetto dei diritti umani e leducazione alla pace; e infine un Gruppo per la sicurezza formato da polizia e forze per il mantenimento della pace per addestrare le forze di polizia e mantenere la sicurezza.
- Per una soluzione durevole dovrebbero venire esplorate le somiglianze fra la posizione serba in Krajina/Slavonia e i kosovari in Kosovo. Entrambi i gruppi etnici formano delle chiare maggioranze in quelle regioni, ma sono minoranze rispetto alla Croazia e alla Serbia prese nel loro complesso e hanno ai confini dei paesi-madre. I rifugiati, per la maggior parte costretti a partire, sono riportati indietro e ai kosovari viene accordato lo stesso status in Serbia che ai serbi in Krajina/Slavonia. Per stabilire frontiere esatte, ogni comunità può unirsi a quella parte che i suoi votanti preferiscono, la stessa procedura utilizzata nel 1920 per definire la frontiera danese-tedesca. La possibilità di costituire il Kosovo come terza repubblica in Serbia, contestualmente a garanzie che non chieda lindipendenza per un periodo forse di venti anni, ed un analoga possibilità per la Krajina/Slavonia in Croazia non dovrebbe essere esclusa (e neppure la possibilità per la Vojvodina di costituirsi come quarta repubblica). Non vi è parallelo con la Bosnia-Herzegovina che non è mai stata parte della Serbia.
- Per i Balcani meridionali dovrebbe essere presa in considerazione una Comunità Balcana che includa lAlbania, la Yugoslavia, la Romania, la Macedonia, la Bulgaria, la Grecia e la Turchia (forse solo la "parte europea"). Questo darebbe la possibilità alle popolazioni dei Balcani meridionali di decidere il proprio destino, economicamente e politicamente, sostenuti economicamente dallUnione Europea, ma senza interferenze da parte di grandi potenze esterne. Dovrebbe essere in grado di ricomporre alcune delle tensioni fra ortodossi e musulmani lavorando a condizioni come quelle che ritroviamo nelle comunità nordica e europea negli anni ottanta, per esempio un mercato comune, la libera circolazione dei beni, dei servizi, dei capitali e della forza lavoro, il coordinamento delle politiche estere; potrebbe esplorare soluzioni originali migliori di quella adottata per lUnione Europea.
- Può venire sviluppata una intensa rete di solidarietà fra comuni con tutte le parti della ex-Jugoslavia, per assistenza ai rifugiati, interventi umanitari e lavoro di ricostruzione. Simili esperienze sono state molto positive in Germania ("Gemeinde gemeinsam") e in Francia ("Cause commune").
- Che sboccino mille conferenze di pace; si sostengano i gruppi locali con gli strumenti della comunicazione; si stimolino e si raccolgano le idee della gente e le si presentino ai governi.
- Va intensificato il lavoro di pace ecumenico, a partire dalle tradizioni di pace del cristianesimo cattolico e ortodosso e dellIslam. Vanno messi in discussione i fondamentalismi, le istituzioni religiose settarie nellintera regione, non solo in Jugoslavia.
- Nello spirito di una futura riconciliazione, vanno abbandonate le sanzioni e sia allinterno, sia allesterno gli specialisti devono cercare di capire in che cosa si sia sbagliato e identificare esperienze del passato e del presente che possano essere fonte di ispirazione per un futuro comune, per esempio una confederazione jugoslava fatta basata su un numero maggiore di regioni più piccole (analogamente ai cantoni svizzeri, con un alto tasso di autonomia interna, che hanno una lunga tradizione nellaiutare gente diversa a livello linguistico e religioso a vivere in pace). Piuttosto che corti criminali, vanno avviati processi di riconciliazione di massa.
(Johan Galtung è professore di studi sulla pace in varie università, collaboratore della Transnational Foundation for Peace and Future Research, e direttore della rete per la pace e lo sviluppo Transcend; Kinhide Mushakoji è professore nella facoltà di studi globali e interculturali della Ferris University a Yokohama (Giappone) e membro di Transcend; Ramon Lopez-Reyes lavora nel centro internazionale per lo studio e la promozione di aree di pace nel mondo con sede nelle Hawai ed è membro di Transcend
Johan Galtung è stato ospite dei convegni annuali di CEM nel 1986, "Liberare leducazione sommersa", e nel 1991, "Lirruzione dellaltro dal conflitto al dialogo": sono disponibili gli atti. Per le edizioni Gruppo Abele di Torino, Galtung ha pubblicato "Gandhi oggi", 1987, e "Ci sono alternative! Quattro strade per la sicurezza", 1986
Dall 11 al 15 maggio si terrà allAia (Paesi Bassi) la conferenza per lanciare LAppello dellAia per la Pace e la Giustizia nel XXI secolo, cui parteciperanno oltre tremila delegati da organizzazioni che lavorano per la pace nel mondo, rappresentanti di 60 governi e relatori quali il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, la portavoce della Campagna per labolizione delle mine (premio nobel) Jody Williams, Jose Ramos Horta (Timor Est) e molti altri. Maggiori informazioni al sito web: www.haguepeace.org)
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