SAN CRISTO
Storia e restauri della chiesa e del convento




 

IL SEMINARIO E MONS.CAPRETTI.

 Nel 1821 il governo austriaco passa tutto il complesso al vescovo Gabrio Maria Nava, che vi trasferisce parte del Seminario da S. Pietro in Oliveto.
Nel frattempo fu occupato da soldati e subì traversie, data la sua posizione strategica sui pendii del Forte del Castello. Nel 1866 infatti la chiesa è adibita ad ospedale, durante la II guerra di Indipendenza per la conquista del Veneto.
Nel 1870 Mons. Pietro Capretti trasporta l'Ospizio dei chierici poveri dal convento di S. Pietro, passato ai Carmelitani Scalzi, a quello di S. Cristo, trovato in una situazione miserabile.chiostro1.jpg (25840 byte)
L'anno successivo, per venire incontro alle spese di sistemazione del convento, vende a nome del Seminario organo, cantorie e pulpito ai Carmelitani di Venezia.
Nel 1874 lo stesso don Capretti ottiene di poter utilizzare il materiale ricavato dalla demolizione di parte dello scalone-corridoio intercorrente fra S. Cristo e il convento di S. Pietro.
Nel 1875 anche l'ospizio viene chiamato Seminario Minore della Diocesi, per disposizione del vescovo mons. Verzeri, che intende così sfatare critiche e apprensioni.
A partire da 1883 hanno inizio i lavori di restauro: "&lo stesso Municipio fondò in essa (chiesa di S. Giulia) il Museo dell'era cristiana. Si desiderò decorare il nuovo museo col monumento Martinengo di S. Cristo e con l'assenso di mons. Vescovo e dei conti Martinengo, il grazioso mausoleo fu tolto dall'originario suo sito e portato in S. Giulia ove invero vi fa splendida figura. A compensare poi S. Cristo della perdita di tanto tesoro d'arte, il Comune contribuì ai restauri di quella chiesa&
&La volta della chiesa era assi rovinata e le pitture qua e là scrostate, deturpate e in parte smarrite. Si discusse se si dovesse serbare quello che rimaneva dei lavori di fr. Marone o se meglio convenisse ridipingere tutta la volta e richiamare nella chiesa più che fosse possibile lo stile originario del secolo XV&fu deciso di ridipingere la volta e le pareti conservando però i lavori del Marone dipinti sull'interno della facciata della Chiesa&Il cav. Tagliaferri diresse l'opera del restauro del S. Cristo usando del pennello dell'intelligente ed esperto giovane pittore Carlo Chimeri&Le pitture poi del secolo XV , scoperte come dicemmo nei fatti restauri, furono pulite e richiamate dal valente artista Volpi la di cui pazienza e abilità per codesto genere di lavori è ben nota."affreschi1°chiostro.jpg (23452 byte)

 Assai conosciuti dal clero bresciano erano la devozione e lo zelo del Capretti per il Sacro Cuore, disancorati però da ogni polemica antigiansenista. "Un momento di particolare partecipazione in S. Cristo fu al festa del S. Cuore dell'1 giugno 1883, nella quale venne inaugurata la statua del Sacro Cuore, posta nell'omonima cappella della chiesa&Il 1 dicembre 1886 il Piamarta celebrava nella cappella (del S. Cuore) di S. Cristo la S. Messa con la partecipazione dei primi quattro Artigianelli. L'1 febbraio 1887, su ingiunzione del vescovo, rinunciò alla parrocchia per dedicarsi al nascente istituto" ( Mario Trebeschi, Pietro Capretti e il suo tempo). Evidentemente si allude qui alla nascita del vicino Istituto Artigianelli, che in S. Cristo trova le sue radici spirituali, come risultato dei lunghi e intimi rapporti tra due fondatori di istituti per i poveri, seminaristi o operai.

 Del 18 gennaio 1879 è il completamento dell'organo, la cui costruzione era stata affidata a Giovanni Tonoli . Sembra fosse preceduto da un Antegnati, forse quello venduto ai Carmelitani di Venezia insieme a cantoria e pulpito. L'attuale risale al 1888, è della ditta Inzoli di Crema. Costituito di oltre mille canne, porta il numero di serie 82, precedendo di stretta misura quello più grande della cattedrale di Cremona. I continuatori della rinomata firma hanno già provveduto alla ripulitura e il restauro ( giovedì 9 luglio 1998), grazie all'interessamento e al contributo di una anonima benefattrice.
Nel 1889, in seguito alle accuse di negligenze per l'epidemia di tifo dell'anno prima, vengono eseguite nuove opere con la costruzione della camerata di S. Carlo e la trasformazione di quella di S. Giovanni in piccole stanze. Si innalza la camerata di S. Luigi, mentre si dà aria a quella di S. Pietro a tramontana, allontanandone i servizi. Tre di queste camerate esistono tuttora e costituiscono il secondo piano. La quarta che si poneva tra i due chiostri, chiamata scherzosamente dormitorio "ballerino", è stata abbattuta per questo evidente motivo.

 La nobile figura di mons. Pietro Capretti rimane per sempre legata al S. Cristo: muore il 18 gennaio 1890. La sua salma, dopo un intervallo al Vantiniano, riposa dal 1934 tra il secondo e il terzo arco, dove sono le cappelle della Vergine di Lourdes e del S. Cuore, testimoni di tanti momenti passati in devota e amorosa preghiera. Un monumento lo rappresenta in candido busto, al centro di un tempietto in fiorito stile neogotico di marmo bianco e grigio, opera di Francesco Pezzoli su progetto di Carlo Melchiotti del 1891, datato ANNO. MDCCCIXC. III. NON. MART.
Gli eredi di mons. Capretti hanno anche provveduto al pagamento del cancello in ferro della Chiesa del 1904, dal disegno neoquattrocentesco, in sintonia con gli stipiti a bassorilievo del portale.

 *** * ***

 Il Seminario Minore continua l'opera di restauro nel 1930 con l'intervento di Trainini Vittorio e nipote: sono riscoperti gli affreschi dell'abside e dell'arco trionfale fino alla cancellata che, partendo sulla destra dal monumento a Mons. Capretti, arrivava alla parete opposta sotto il pulpito. L'operazione permetteva di mostrare la prima parte del Giudizio Universale con le figura di Cristo e dei primi due apostoli, Pietro e Andrea. Il noto pittore, chiamato anche l'ultimo degli affreschisti bresciani, non ha soltanto riscoperto, ma pure rifatto e completato: "Il rev.p. Martinelli ha pregato il mio nipote di completare il grande affresco sulla parete laterale del Sacrificio di Melchisedec&e le due mezze lesene decorative". (Giuseppe Trainini a Ettore Modigliani 27-10-32).
Del 1931 è la descrizione del geometra Marchesi:"&riportare in vista la pietra che costituisce lo zoccolo della facciata&l'attuale pavimento in cotto è molto deteriorato&per l'abside sarebbe consigliabile un pavimento in pietra. Gli attuali tumuli con epigrafi verrebbero conservati nella parete del porticato a sera della chiesa."


I MISSIONARI SAVERIANI : IL RECUPERO DEL CONVENTO E DELLA CHIESA.

 Durante le vacanze scolastiche dell'estate 1957 il Seminario trasloca a miglior vita nel nuovo edificio di Mompiano; il fatiscente convento è venduto ai Missionari Saveriani, che lo prendono immediatamente in consegna insieme alla chiesa, ceduta in "uso perpetuo".loggetta.jpg (26116 byte)
Già nel maggio 1958 appaiono liberate dai muri di riempimento le colonne del chiostrino di entrata e quelle della loggetta al primo piano. Scrive allora p. Munari, dei missionari Saveriani: "&farle vedere il chiostro accanto alla chiesa con le sue belle colonnine scoperte e in parte ricollocate&"
Si parla anche di restauro dell'Ultima cena del Romanino nel refettorio con gli affreschi laterali dei profeti dello stesso, e di due crocifissioni.
Nel 1962 si accenna agli affreschi dell'abside ai lati del crocifisso nella chiesa come pure al "Cristo nell'orto" del chiostro vicino alla porta della sacrestia.
Del novembre 1964 è il restauro degli affreschi della contro facciata della chiesa e delle tre lunette del vestibolo antistante il refettorio per opera di G. Simone e R. Battista.
Il 14-10-1977 la scuola ENAIP di Botticino conclude i restauri sulla parete sinistra.
Nel gennaio del 1981 vengono scoperti gli affreschi della volta rappresentanti i dodici Apostoli. Negli anni successivi si lavora sui chiostri, consolidamento della facciata, rifacimento dell'abside, cappelle laterali e vicino campanile.
Negli anni '90 infine si restaura la quarta e quinta lunetta della parete di sinistra grazie all'interessamento del Lions club femminile Capitolium. Anche il pavimento viene sistemato, dotato di riscaldamento e copertura in cotto (settembre 1997).

 Già negli anni '80 il convento era ripristinato. Il chiostrino di entrata si presenta ormai nella struttura originaria delle dodici colonne disposte su tre lati di stile tuscanico, aggiunto dai Francescani forse nel ' 600: a nord è un'alta parete che termina nella gradevole loggetta a soffitto travi a vista, risultato di recente recupero. Sull'estrema destra un portale introduce al chiostro della chiesa, a sinistra è la statua di S. Giuseppe ( prima al centro del chiostro della Regola); l'impluvio acciottolato è rallegrato da una fontana a due piani con putto, che tre alte floride palme circondano. Il lato sud serve da passo carraio tra il sagrato esterno e il vasto cortile - ora parcheggio interno -, risultato della demolizione di strutture tardive (e pertanto estranee al complesso gesuato primitivo) che formavano un ulteriore chiostro asimmetrico ad uso del Seminario. Il cortile dà a sud sul panorama della città, ad est sono i locali della attuale portineria (indicata in antico come distilleria dell'acqua !), a nord è occupato dalla "manica lunga" del convento e ad ovest è chiuso dalla collina della Madonna e dall'edificio moderno appoggiato contro l'ortaglia sui pendii del castello.

Cristo sull'architrave Il chiostro della chiesa mostra sui tre lati del piano superiore le colonnine ormai liberate dai muri che avevano ospitato le camere degli insegnanti; il lato ovest invece conserva ancora le antiche finestre delle "stanze dei Superiori", alleggerite del sovrastante dormitorio "ballerino" . Il piano inferiore è ritmato da colonne di marmo botticino con capitelli a foglie grasse che sostengono archi a tutto sesto.

Il colonnato a settentrione presenta un interessante particolare: nella zona mediana, in corrispondenza di una porta murata (notare sull'architrave il Cristo in bassorilievo), ha rivelato la sorpresa di una rara meridiana di tipo catottrico disegnata sull'arco di centro e sulla metà dei due vicini: ancora si intravedono le linee dei mesi e i cartigli moraleggianti che inneggiano al sole e alla luna. In territorio bresciano ha un unico riscontro in quella del monastero dell'Annunziata di Piancogno, e a Roma in palazzo Spada e nella chiesa di Trinità dei Monti.
In basso a destra, sul muretto dell'intercolumnio, sono sistemate alcune lastre tombali sezionate, delle quali una merita particolare attenzione per i versi latini celebrativi della virtù della defunta: 

MORTE NITENT MORES
CUPIS ERGO CANDIDUS ESSE
A BLANCA MORA DISCE
NITORE MORI

che possono dire alla lettera: "Nella morte risplendono i costumi - se desideri dunque essere puro - impara dalla Bianca Mora - per morire nello splendore", intendendo per Bianca la dama citata, sposata in Mora. Il contrasto tra bianca e mora viene utilizzato per collegare la vita morale e la morte con il desiderio di purezza.
Alla destra, attorno alla porta della sacrestia, un'Ultima cena di fra' Benedetto ricopre un affresco quattrocentesco e fa angolo con un notturno lunare di Gesù nell'orto, l'affresco vicino che inquadra una porta cieca.chiostroCSAM.jpg (58273 byte)

 Il terzo chiostro si raggiungeva in passato da un passaggio voltato ora chiuso, sotto le stanze dei Superiori: esso costituisce l'attuale sacrestia della cappella interna. Le pareti presentano degli affreschi (da recuperare), il portale della cappella reca la scritta ORATORIUM S.HIERONIMI, ancora una dedica al santo eremita, traduttore della Vulgata latina. Adesso bisogna uscire nel cortile e imboccare una porta ad arco che subito immette in un androne dagli archi affrescati sempre dal Marone sul tema della manna, le nozze di Cana e il sacrificio di Isacco. Una porta laterale subito a sinistra conduce al Refettorio del Convento, ora adibito a Sala di Conferenze della capacità di 100 posti a sedere con possibilità di proiezione video. E' una vasta sala dal soffitto a vele che nella parete di fondo porta un affresco strappato raffigurante la nobilissima romanino.jpg (24183 byte)Ultima Cena del Romanino: il pittore fissa qui il momento in cui Gesù dice agli Apostoli: "Uno di voi mi tradirà" e questi si mettono a commentare a gruppi di tre, secondo lo schema classico di Leonardo. Dello stesso Romanino sono i profeti negli archi laterali, irrimediabilmente rovinati dalle muffe; chiude sul fondo una Deposizione tra due donatori di autore ignoto, sopra un lavabo in pietra locale e, per terminare, nel muro di sinistra la scaletta in cotto che portava al pulpito della lettura spirituale.

 Usciti nel chiostro si resta ammirati dal ritmo delle colonne dai capitelli a foglie grasse che sostengono lo slancio degli archi a forma di ferro di cavallo. Non si conosce purtroppo il nome del progettista di questo e del precedente chiostro, ma si può ritenere della cerchia di Bernardino da Martinengo, impresario operante dal 1480 al 1490 nel convento del Carmine, una fabbrica che abbiamo già visto presentare delle analogie a proposito delle candelabre del portale. Il lato meridionale presenta sull'arco d'ingresso una Crocifissione di grande equilibrio e buona fattura. Nell'angolo ovest, sull'arco cieco di una porta, l'affresco strappato, ormai illeggibile, viene detto della Regola, e dà il nome a questo chiostro. Si intravede la figura del papa in trono che porge il libro delle Costituzioni al gesuata inginocchiato, e con l'altra mano indica il locale di sotto come per dire: " O la Regola, o la prigione". In effetti la struttura penitenziale è tuttora presente, indicata dalla finestrella con grata murata, ormai adibita ad usi più prosaici. Il muro ovest accoglie ai lati della porta due pietre scolpite di epoca longobarda, di cui una è un frammento del nodo barbarico.

 Il lato nord, ora occupato dalla Libreria dei Popoli (accessibile al pubblico nelle ore di ufficio) conserva ben visibili dentro la parete i pilastri ottogonali in cotto del convento preesistente di S. Pietro in Ripa, di probabile epoca quattrocentesca, sede delle Canonichesse di S. Agostino. Era stato preceduto da un altro più antico facente tutt'uno con quello soprastante di S. Pietro in Oliveto, luogo di residenza dei Canonici della Regola di S. Agostino. Dicono le fonti bresciane del tempo che l'8 giugno del 1172, Galdino arcivescovo di Milano e il cardinal Oddone, legato pontificio, avvertivano di aver saputo"veridicorum relatione" che la Chiesa di S. Pietro Minore a Brescia, nel luogo detto Ripa, a causa di eretici che vi abitavano, dal vescovo Manfredo, bone memorie, "divino fuisse omnino privatam officio et habitatione clericorum penitus destitutam". Sembra di capire che il vescovo dovette lanciare l'interdetto contro i religiosi accusati di eresia. Se Arnaldo da Brescia era canonico regolare agostiniano e abate, come dice Giovanni di Salisbury,"habitu canonicus regularis&fuerat abbas apud Brixiam", si può pensare che qui ha abitato, ma ha dovuto lasciare in seguito alla condanna di Manfredo. Di conseguenza la comunità agostiniana fu smembrata e la canonica di S. Pietro in Ripa fu affidata a una "priorissa" delle Canonichesse di S. Agostino, che erano assistite dai canonici del vicino S. Pietro Maggiore in Oliveto o da altri sacerdoti "cattolici".

 Questa struttura monacale si limitava a quest'ala o era più vasta? Ancora nel '500 si parla di una cappella di S. Pietro in Ripa nel colle soprastante. Di certo aveva un piano superiore, se guardiamo alle colonnine in cotto che sovrastano le precedenti. Attualmente si presenta con ben altro respiro: il piano superiore offre la successione completa delle colonnine, più leggere e raddoppiate rispetto alle inferiori. In precedenza erano state tolte, salvando il lato meridionale, e al loro posto era stata aperta una terrazza, ornata da grandi vasi. Nell'opera di restauro si è voluto ripristinare l'aspetto originale, utilizzando pietra tenera dei Colli Berici, di più facile lavorazione, procurata da un missionario di Vicenza. Il risultato è di tutto rispetto: solo l'occhio attento e informato si rende conto dell'inganno. Le vetrate sono una aggiunta posteriore degli anni 80.

 androne.jpg (24038 byte)In questo ambiente protetto, al riparo delle intemperie, trovano posto sul passaggio orientale tre affreschi, provenienti dalla scala del chiostro precedente: uno rappresenta la Crocifissione, gli altri due la medesima scena di Gesù alla colonna, caso non raro di affresco rifatto e sovrapposto. Il sottostante risulta naturalmente picchettato e non si capisce come sia stato ricoperto da un affresco che qualitativamente è inferiore. In ogni caso, il restauro del più antico rivela un volto di Cristo molto ben curato, reso luminoso dagli occhi di toccante espressività. E' sorprendente l'analogia con il volto del Cristo risorto, che domina l'arco santo della Cappella esterna a nord della Chiesa del Carmine, detta anche "cappella parva" o del cimitero. "Dai manoscritti di G. B. Guarganti (secolo XVII) si ricava&la notizia (ivi ripetuta più volte) che la decorazione è opera di Giovanni Maria di Brescia, eseguita intorno al 1490; pertanto questi affreschi costituiscono saggio completo del suo stile&con aderenze ai moduli e alle predilezioni tonali - coloristiche di V. Foppa" (P. V. Begni Redona). Se la suddetta analogia regge, possiamo attribuire il nostro Cristo a questo pittore dallo stile foppesco, con influenze del Mantegna. qualche volta confuso con il confratello Girolamo da Brescia, autore della Pietà presente nella nostra chiesa, anche lui della stessa scuola e operante intorno al 1490, come da autografo alla base dell'affresco.

 Davanti a quest'ultimo affresco di Cristo alla colonna termina il giro artistico - religioso iniziato ai piedi della scalinata della chiesa che porta questo nome. Si trova qui riassunta una larga parte della storia di Brescia nelle sue vicende artistiche per il corso di cinque secoli. Il tempo ha fatto perdere e disperdere molte sue opere, con corale rincrescimento, ma il desiderio di riportarla al suo primitivo splendore è vivo più che mai. Grazie agli apporti dei singoli, di banche come la Cariplo e la Banca San Paolo, del contributo Frisl, è stato possibile avviare un progetto di recupero totale e definitivo, affidato alla équipe della Scuola Regionale di restauro ENAIP di Botticino, per cui si prevede di poterla presentare all'ammirazione dei fedeli in occasione dell'anniversario dei suoi cinquecento anni di Consacrazione, cioè nel 2001&! Naturalmente nella grande processione del Corpus Domini, come si usava in passato.

 

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