Andando per rapporti
Sviluppo sociale e sradicamento
della povertà nel mondo
a cura di Carlo Baroncelli
Con questo articolo intendiamo inaugurare uno spazio dedicato alla presentazione di rapporti ufficiali prodotti da diverse organizzazioni internazionali e che riguardano tematiche globali quali lambiente, la povertà, lo sviluppo sociale, listruzione&
Cominciamo col presentare sommariamente due recenti rapporti: il Social Watch 1999 e lUNDP Poverty Report 2000, che riguardano rispettivamente il tema dello sviluppo sociale e della lotta alla povertà nel mondo.
I due rapporti di cui ci occuperemo in questa pagine (consultabili anche in rete) vanno inquadrati in una storia che risale al 1995. In quellanno, a Copenaghen, si svolse il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sociale (WSSD) al termine del quale 185 paesi sottoscrissero limpegno a sradicare la povertà assoluta e ad adottare piani concreti e fissare obiettivi realizzabili per muoversi in quella direzione (vedi le schede "Copenaghen 95: 10 promesse ancora da mantenere" e "Alcuni obiettivi internazionali contro la povertà"). Per raggiungere tali obiettivi i paesi donatori si impegnarono ad aumentare laiuto pubblico allo sviluppo portandolo allo 0,7% del PNL e a consacrare il 20% di tale somma al rafforzamento dei servizi sociali di base.
Cinque anni sono passati dal Social Summit. È tempo di consuntivi ufficiali: a Ginevra al momento in cui scriviamo - si è appena concluso il Copenaghen+5 (26 - 30 giugno), la Sessione speciale dellAssemblea generale dellOnu (UNGASS), di cui si dirà in conclusione. In attesa delle dichiarazioni ufficiali, possiamo raccogliere dati e informazioni utili curiosando in alcuni degli ultimi rapporti internazionali che annualmente monitorano lo stato del mondo per quanto riguarda la lotta alla povertà e lo sviluppo sociale.
Social Watch
Il Social Watch è un rapporto annuale (questa è la sua quinta edizione) preparato da una rete internazionale di ONG e di associazioni di cittadini che seguono i progressi che i governi del mondo stanno facendo nelladempimento degli impegni assunti a Copenaghen (in Italia liniziativa è stata promossa e sviluppata da Mani Tese, Movimondo, ACLI, ARCI).
Il rapporto è suddiviso in due parti: nella prima si getta uno sguardo globale sullo stato della lotta tesa allo sradicamento della povertà e al miglioramento delle condizioni di vita di tutti gli abitanti del pianeta. La seconda parte consiste in una serie di rapporti nazionali e permette di analizzare in concreto loperato dei vari governi.
Al rapporto troviamo allegata anche una carta a colori che permette di farsi unidea visiva del progresso (o regresso) che i vari stati monitorati hanno fatto registrare nella realizzazione degli impegni.
Gli indicatori usati per monitorare gli impegni realizzati sono: alfabetizzazione e istruzione di base; salute infantile; sicurezza alimentare e alimentazione infantile; salute riproduttiva; salute; acqua potabile e servizi igienici; riduzione delle spese militari; aiuto pubblico allo sviluppo; piani di lotta alla povertà. Ogni rapporto nazionale è poi accompagnato da un grafico definito "rombo dellequità" costruito in base a quattro indicatori riportati su altrettanti assi ortogonali (mortalità infantile, alfabetizzazione degli adulti, indice Gini; indice di sviluppo di genere). Il "rombo" di ogni nazione può essere così confrontato con quello costruito sulla base dei dati medi di una determinata regione (o gruppo economico). Più il rombo di un dato paese è largo, migliore è la sua situazione relativa ai quattro indicatori.
Social Watch si apre con parole non proprio incoraggianti la dove riconosce che «il 1998 non è stato un buon anno per lo sviluppo sociale» a causa delle pesanti conseguenze sociali della crisi finanziaria che dai paesi del Sud-Est Asiatico si è propagata con effetti a cascata alla Russia e al Brasile. In questi casi il denaro pubblico viene impiegato in operazioni di salvataggio di banche e fondi privati di investimento e i conseguenti tagli alla spesa pubblica tagliano le gambe ai settori della sanità, dellistruzione, della sicurezza sociale, mentre le restrizioni creditizie frenano la creazione di nuovi posti di lavoro. Le conseguenze di questi terremoti finanziari, come si vede, colpiscono in maggior misura direttamente o indirettamente gli strati più deboli della popolazione.
Le politiche di lotta alla povertà vengono viste come variabili dipendenti dalla salute delleconomia internazionale e ad essa vengono subordinate. Una volta superata la contingenza e risanata leconomia si argomenta - le condizioni di tutta la popolazione miglioreranno. Si sorvola sul fatto che "superata la contingenza" di fatto i poveri hanno visto peggiorare la propria posizione. Il fatto è che ed è sotto gli occhi di tutti - la crescita economica non assicura una riduzione della povertà. Finché si rimane in questottica dominante, gli impegni solennemente assunti dagli stati nei vertici internazionali rischiano di rimanere lettera morta e le dichiarazioni dei capi di Stato risultano niente di più che uno scambio di buone intenzioni.
Per quanto riguarda, ad esempio, il problema delloccupazione, si legge nel Social Watch che «nonostante la solenne accettazione da parte dei capi di stato dellimpegno 3 al Vertice mondiale sullo sviluppo sociale, a livello mondiale la disoccupazione continua a crescere con il crescere dellinterdipendenza delle economie. Senza unazione internazionale concertata la disoccupazione e le sue conseguenze continueranno e sarà difficile soddisfare limpegno 3». Anche per quanto riguarda, in particolare, loccupazione delle donne (il 1995 è stato anche lanno della IV Conferenza mondiale sulle donne) si fa rilevare come a tre anni di distanza lobiettivo della piena occupazione e i diritti delle donne che lavorano siano «ancora sogni più che realtà& In molti casi le parole non si sono tradotte in politiche globali favorevoli alle lavoratrici». Secondo lOrganizzazione Internazionale del Lavoro, nei PVS (Paesi in via di sviluppo) le donne passano 31-41 ore alla settimana in occupazioni non remunerate, a fronte di sole 5-15 ore per gli uomini. I principali ostacoli allattuazione della piena occupazione sono esplicitamente individuati nelle politiche di aggiustamento strutturale e nel libero mercato.
Il rally della povertà
In effetti, «il numero delle persone povere nel mondo sta aumentando e un terzo della popolazione dei paesi in via di sviluppo vive in condizioni di povertà& In punti percentuali la povertà è diminuita pochissimo negli ultimi anni e lobiettivo del suo sradicamento non sembra raggiungibile a breve scadenza».
È vero continua il Social Watch che in oltre sessanta paesi gli indicatori sociali dimostrano un significativo progresso. Laltra faccia della medaglia è che in altri settanta paesi il progresso è stato troppo lento per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2000: «Tredici paesi si trovano oggi nella stessa situazione o una situazione peggiore rispetto a quella che avevano nel 1990 e per circa 40 paesi la scarsità dei dati disponibili non consente di fare alcuna affermazione, il che indica probabilmente una situazione ancora peggiore». Tutto questo malgrado gli obiettivi che i governi del mondo si erano dati fossero tuttaltro che irraggiungibili. In alcuni casi si trattava di obiettivi così modesti che alcuni paesi avevano già raggiunti nel 1990, allinizio di questo «rally dello sviluppo sociale verso lanno 2000».
UNDP Human Poverty
Anche dallultimo rapporto dellUNDP Overcoming Human Poverty emergono dati che dimostrano forti difficoltà per i paesi in via di sviluppo nel raggiungere gli obiettivi fissati per il 2000 a Copenaghen. Molte delle regioni in via di sviluppo sono ben lontane dal raggiungere lobiettivo di dimezzare la percentuale di adulti analfabeti (Tabella 1.2); la percentuale di bambini malnutriti rimane alta e nei paesi dellAfrica Sub-Sahariana è addirittura in aumento (Figura 1.2); così come si è rilevato un progresso veramente minimo verso lobiettivo di dimezzare la percentuale della popolazione con aspettativa di vita sotto i 40 anni (Figura 1.3).
La povertà multidimensionale
È sempre lUNDP a riconoscere come grave limite degli obiettivi stabiliti al Social Summit di Copenaghen quello di essere fondamentalmente basati su misure monetarie. Oggi trova un consenso sempre maggiore una visone della povertà come fenomeno multidimensionale.
È stato fatto notare che così come le entrate monetarie non possono rappresentare da sole una condizione di ben-essere (well-being), così lassenza di entrate non è sufficiente a definire le condizioni di povertà. Una definizione di povertà umana non può ridursi a ciò che una persona può o non può avere, ma dovrebbe basarsi su ciò che un individuo può o non può fare.
Come alternativa alla classica "misurazione" delle condizioni di povertà lo Human Development Report del 1997 ha introdotto un indice di povertà umana che prende in considerazione, per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, tre dimensioni: durata e qualità della vita, sfera della conoscenza, sfera economica. Queste tre dimensioni sono misurate rispettivamente in base alla percentuale di persone che hanno unaspettativa di vita inferiore ai 40 anni; alla percentuale di adulti analfabeti; alla percentuale di persone che non hanno accesso ai servizi sanitari e allacqua potabile e alla percentuale di bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione.
In questottica i vari paesi dovrebbero cominciare ad includere nei loro programmi indicatori di povertà quali la riduzione della malnutrizione, la diffusione della scolarizzazione e laumento della speranza di vita.
Inoltre i piani di azione dovrebbero essere voluti e determinati a livello nazionale e non essere calati dallalto da donatori esterni. Infatti continuano gli estensori del rapporto - in assenza di unazione pubblica organizzata, difficilmente leconomia di mercato promuoverà la giustizia sociale.
Le regole del gioco e le voci silenti
LUNDP individua nella mancata capacità di reale controllo lanello mancante tra gli sforzi profusi dai vari paesi per sradicare la povertà e leffettiva riduzione della povertà. Molti paesi riconosce il rapporto hanno bisogno meno di aiuti esterni che di un miglioramento della capacità amministrativa. Malgrado più di tre quarti dei paesi posseggono stime relative alla povertà e più di due terzi abbiano prodotto piani di azione contro la povertà, solo meno di un terzo di questi stessi paesi hanno definito chiari obiettivi tesi allo sradicamento della povertà assoluta o alla diminuzione di quella diffusa (Tabella 1.1). Tre paragrafi del primo capitolo del rapporto UNDP sono intitolati rispettivamente ed esplicitamente: Molti progressi nella stima della povertà; Qualche progresso nellimplementazione dei piani; Pochi progressi nello stabilire obiettivi.
LUNDP insiste sulla necessità che ciascun paese correlati i propri piani di azione non solo con le politiche nazionali ma anche con quelle economiche e finanziarie internazionali. Questo legame, si afferma, potrebbe rivelarsi cruciale in un mondo nel quale lintegrazione economica si fa sempre più spinta. Mentre oggi il debito estero viene esplicitamente correlato con la povertà, altrettanto non si può ancora dire delle politiche commerciali internazionali.
Se la crescita economica e lespansione del commercio vorranno beneficiare anche gli strati poveri della popolazione mondiale allora le regole del gioco internazionale dovranno diventare più eque.
Come afferma Nicola Bullard nel Social Watch, «la situazione è intollerabile. Abbiamo unarchitettura economica internazionale che ha generato crisi sempre più frequenti e i nostri strumenti di risposta si sono rivelati inadeguati. Mentre si parla tanto di sofferenza, bisogna sottolineare che i poveri ne hanno sopportata molta senza partecipare proporzionalmente ai vantaggi promessi». Si sente la necessità di istituzioni più democratiche che siano in grado di «ascoltare queste voci silenti». Istituzioni quali il FMI e la Banca mondiale sono sotto accusa in questo senso, in quanto privilegiano il punto di vista dei creditori rispetto a quello dei debitori e non tengono conto dellimpatto sociale e ambientale dei loro programmi di aggiustamento strutturale o delle operazioni finanziate. «La riforma dellarchitettura finanziaria mondiale si trova ora in agenda, continua Bullard, ma invece di pensare allarchitettura dovremmo pensare alle persone per le quali la stiamo costruendo& Dovremmo pensare ai valori che vogliamo esprimere e promuovere& La base del nostro disegno dovrebbe stimolare la partecipazione politica, la democrazia economica e la giustizia sociale, dovrebbe completare e sostenere lambiente».
Parola dordine: investire nelle persone
Anche lUNDP focalizza lattenzione sulla democrazia e sulla partecipazione, riconoscendo la necessità di costruire governi e amministrazioni in grado di render conto responsabilmente delle loro scelte di fronte alla popolazione, anche se avere elezioni regolari, libere ed eque non rappresenta di per se un «vaccino contro la povertà».
Affinché una democrazia funzioni è inoltre necessario che le persone siano libere di organizzarsi e, soprattutto, possano accedere allinformazione. E qui il rapporto UNDP tocca il delicato e controverso problema del ruolo che le nuove tecnologie potrebbero svolgere nel rendere disponibili grandi quantità di informazione e auspica «uno sforzo particolare» per avvicinare la popolazione alla tecnologia. Decentrare i luoghi decisionali, avvicinarli alle periferie in modo che possano incontrare le comunità più deboli e disagiate, delegare lautorità a forme di governo locale promovendo forme di responsabilità e capacità di gestione delle risorse e di progettazione rappresenterebbero solo una metà dellimpegno necessario. Laltra metà consisterebbe nellaiutare le comunità povere ad auto-organizzarsi e a difendere i propri interessi, la causa maggiore della povertà risiedendo più nella mancanza di potere che nella distanza dal governo centrale: «le basi per la riduzione della povertà sono da ricercarsi nellauto-organizzazione dei poveri a livello locale»
Troppo spesso le campagne contro la povertà e i soldi dei paesi donatori passano sopra le teste dei governi locali e dei poveri ai quali erano state destinate. Si ribadisce la necessità di superare una visione che considera le popolazioni povere come beneficiari passivi di donazioni esterne. Finché ai poveri verranno negati potere e possibilità organizzative è molto improbabile che i benefici dei programmi contro la povertà, ammesso che arrivino a destinazione, sortiscano effetti positivi.
Ginevra, 26-30 giugno 2000. Ovvero: chi vivrà vedrà
Come abbiamo accennato in apertura, tra il 26 e il 30 giugno si è svolto a Ginevra il Copenaghen+5, la 24a Sessione Speciale dellAssemblea Generale dellOnu, ufficialmente intitolata World Summit for Social Development and beyond: achieving social development for all in a globalizing world, dedicata da una parte alla valutazione dei grandi summit mondiali promossi dalle Nazioni Unite negli Anni Novanta (Sviluppo sociale, Diritti umani, Donne), e dallaltra alla definizione di nuove proposte.
Il segretario generale Kofi Annan, nel discorso di apertura, ha esplicitamente dichiarato che il benessere economico non può essere dissociato da quello sociale. Un paese non può aspirare alla prosperità economica subordinando le tematiche sociali al raggiungimento di obiettivi puramente quantitativi. E questo vale sia per i paesi poveri che per quelli ricchi.
Nel documento finale i paesi convenuti a questa sessione ribadiscono la volontà di rendere operativi gli impegni assunti nel 1995 e confermano il ruolo delle dichiarazioni di Copenaghen quale riferimento fondamentale per ogni azione da intraprendere negli anni a venire per quanto riguarda lo sviluppo sociale.
Viene riconosciuto anche che se, da una parte, i processi di globalizzazione e di rapido sviluppo tecnologico costituiscono opportunità senza precedenti per promuovere lo sviluppo sociale ed economico, dallaltra, questi stessi processi possono comportare serie conseguenze, quali estese crisi finanziarie, senso di insicurezza, povertà, esclusione e disuguaglianze sociali (e scusate se è poco! aggiungiamo noi). Finché i benefici sociali ed economici dello sviluppo non verranno estesi a tutti i paesi, un crescente numero di persone allinterno di ogni paese, e perfino intere regioni, rimarranno tagliate fuori dalleconomia globale. «Dobbiamo agire ora» si legge al punto quattro di questa dichiarazione «al fine di superare questi ostacoli che impediscono a popoli e paesi di realizzare pienamente le opportunità potenziali e volgerle al beneficio di tutti».
Kofi Annan, aprendo i lavori, si domandava (e domandava): Tra quindici anni ci saranno ancora 10 milioni di bambini nellimpossibilità di accedere alla scuola? 10 milioni di giovani donne e giovani uomini saranno ancora in cerca di un lavoro impossibile? Per ogni minuto che passa, neonati e donne incinte continueranno ancora a morire di malaria o di altre malattie curabili? Esisteranno ancora intere regioni del mondo e larghi gruppi di persone, anche nei paesi più ricchi, condannate a vivere ai margini delleconomia globale? E ancora: Continuerà, la maggioranza delle persone dei paesi in via di sviluppo, ad essere tagliata fuori dal nuovo universo della telefonia mobile e di Internet, mentre il mondo industrializzato e una piccola minoranza di privilegiati dei paesi del Sud andranno sempre più vanti, utilizzando nuove tecnologie che oggi non possiamo nemmeno immaginare? E quante società continueranno a combattersi polarizzate lungo confini etnici, di razza o classe?
«Se queste domande non troveranno una risposta affermativa, conclude Annan, non potremo dire di aver vinto la battaglia contro la povertà umana, anche se riusciremo, come spero fermamente, a ridurre della metà la percentuale di persone che vivono con un dollaro al giorno».
Facciamo certamente nostri i timori e le speranze del segretario generale delle Nazioni unite come non possiamo che rallegrarci che dalla dichiarazione conclusiva emerga un globale accordo sulla necessità di prendere delle contromisure per evitare (o mitigare) alcune delle conseguenze più nefaste della globalizzazione economica. Non vorremmo ritrovarci, fra altri cinque o dieci anni, a dover constatare malinconicamente, come Susan George fa scrivere agli anonimi e cinici estensori del Rapporto Lugano, che «le Nazioni Unite sono utili perché rappresentano forse lunico forum per il dibattito internazionale che dà anche ai più piccoli e deboli membri della comunità internazionale lillusione di avere voce in capitolo nella gestione degli affari internazionali» (S. George, Il Rapporto Lugano, Asterios, Trieste 2000, p.36).
Links utili
http://www.undp.org/povertyreport/exec/english.html
http://www.socwatch.org
http://www.unog.ch/ga2000/socialsummit/speeches/speech.htm
http://www.unog.ch/ga2000/esa/socdev/geneva2000/docs/index.html
http://www.unog.ch/ga2000/socialsummit/pr/pressrel.htm
http:/www.geneva2000.org http://www.earthsummit2002.org/wssd/
http://www.un.org/esa/socdev/geneva2000/docs/index.html
BOX 1
Le parole della povertà
Povertà assoluta (absolute poverty o extreme poverty)
Assenza di entrate sufficienti a garantire i bisogni alimentari di base. Generalmente definita sulla base del bisogno minimo di calorie.
Povertà relativa (relative poverty o overall poverty)
Assenza di entrate sufficienti a garantire i bisogni di base non alimentari - quali abbigliamento, energia e abitazione e alimentari.
Povertà umana (human poverty)
Assenza delle condizione umane di base: analfabetismo, malnutrizione, breve speranza di vita&
Indicatori indiretti sono la mancanza di accesso a beni, servizi e infrastrutture energia, sanità, educazione, comunicazione, acqua potabile necessarie al mantenimento delle condizione umane di base.
BOX 2
Alcuni obiettivi internazionali contro la povertà
Povertà assoluta e povertà relativa
Dal Social Summit è emerso limpegno dei paesi a sradicare la povertà assoluta e ridurre sensibilmente la povertà relativa. Il Comitato di Assistenza allo Sviluppo (DAC) dellOECD, in accordo con la Banca mondiale e lOnu, ha fissato lobiettivo di dimezzare la percentuale della popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà tra il 1993 e il 2015.
Malnutrizione
Lobiettivo del Social Summitt è quello di dimezzare la percentuale di bambini malnutriti sotto i cinque anni tra il 1995 e il 2000. Per il DAC lobiettivo è di abbattere questa percentuale di tre quarti tra il 1995 e il 2015.
Analfabetismo
Il Social Summitt ha fissato lobiettivo di dimezzare lanalfabetismo degli adulti tra il 1995 e il 2000, con un particolare accento allalfabetizzazione femminile. Lindividuazione della fascia di età è lasciata alla descrizione di ciascun paese. Il DAC ha indicato la fascia di età tra i 15 e i 24 anni.
Speranza di vita
Lobiettivo del Social Summit è quello di elevare la speranza di vita a sessanta anni entro il 2000. Un secondo obiettivo raccomandato sarebbe quello di ridurre della metà la percentuale di persone con speranza di vita sotto i 40 anni entro il 2015.
BOX 3
Copenaghen 95: 10 promesse ancora da mantenere
1. Ci impegniamo a creare condizioni economiche, politiche, sociali, culturali e giuridiche che permettano la realizzazione dello sviluppo sociale.
2. Ci impegniamo a sradicare la povertà nel mondo mediante unenergica azione a livello nazionale e la cooperazione internazionale, quale imperativo etico, sociale, politico ed economico dellumanità.
3. Ci impegniamo a promuovere lobiettivo della piena occupazione quale priorità basilare delle nostre politiche economiche e sociali e ad aiutare tutti gli uomini e tutte le donne a conseguire condizioni di vita sicure e sostenibili attraverso occupazioni e lavori produttivi liberamente scelti.
4. Ci impegniamo a promuovere lintegrazione sociale, perseguendo la realizzazione di società stabili, sicure e giuste, basate sulla promozione e protezione di tutti i diritti umani, nonché sulla non discriminazione, la tolleranza, il rispetto della diversità, le pari opportunità, la solidarietà, la sicurezza e la partecipazione di tutti, compresi i gruppi e gli individui svantaggiati e vulnerabili.
5. Ci impegniamo a promuovere il pieno rispetto della dignità umana, a realizzare luguaglianza e lequità fra le donne e gli uomini, e a riconoscere e potenziare la partecipazione e i ruoli direttivi delle donne nella vita politica, civile, economica, sociale e culturale, e nello sviluppo.
6. Ci impegniamo a promuovere e realizzare laccesso universale ed equo a un istruzione di qualità, il maggior livello possibile di salute fisica e mentale e laccesso universale alla salute di base, sforzandoci, in particolare, di sopprimere le disuguaglianze dipendenti dalle condizioni sociali, senza fare alcuna distinzione di razza, origine nazionale, sesso, età o handicap; a rispettare e promuovere le nostre culture comuni e particolari; a cercare di rinforzare il ruolo della cultura nello sviluppo; a preservare le basi essenziali di uno sviluppo sostenibile incentrato sulle persone; a contribuire al pieno sviluppo delle risorse umane e allo sviluppo sociale. Queste azioni mirano a sradicare la povertà, promuovere loccupazione piena e produttiva e migliorare lintegrazione sociale.
7. Ci impegniamo ad accelerare lo sviluppo economico, sociale e umano dellAfrica e dei paesi meno sviluppati.
8. Ci impegniamo a garantire che i programmi di aggiustamento strutturale concordati comprendano gli obiettivi dello sviluppo sociale, in particolare lo sradicamento della povertà, la promozione delloccupazione piena e produttiva e la promozione dellintegrazione sociale.
9. Ci impegniamo ad aumentare notevolmente e/o ad utilizzare più efficacemente le risorse assegnate allo sviluppo sociale, al fine di realizzare gli obiettivi del Vertice mediante lazione a livello nazionale e la cooperazione al livello regionale e internazionale.
10. Ci impegniamo a migliorare e rafforzare il quadro della cooperazione internazionale, regionale e sub-regionale per lo sviluppo umano, con vero spirito partenariale, attraverso le Nazioni Unite e le altre istituzioni multilaterali.
TABELLE E FIGURE (fonte: UNDP Poverty Report 2000)
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