PREGHIERA, MODERNITÀ, DIALOGO INTERRELIGIOSO
di Brunetto Salvarani
L'autore dell'articolo parteciperà il 25 agosto alla tavola rotonda sul dialogo interreligioso all'interno del Convegno Nazionale di CEM Mondialità.
"Pèrdimi, Signore, ché / non oda/ gli anni sommersi taciti spogliarmi,/ sì che cangi la doglia in moto aperto:/ curva minore / del vivere mavanza./
E fammi vento che naviga felice,/ e seme dorzo o lebbra/ che sè esprima in pieno divenire./
E sia facile amarti/ in erba che accima alla luce,/ in piaga che buca la carne./
Io temo una vita:/ ognuno si scalza e vacilla/ in ricerca./
Ancora mi lasci: sono solo/ nellombra che in sera si spande,/ né valico sapre al dolce/ sfociare del sangue"1 (S. Quasimodo).
La preghiera. Perché un altro possa rialzarsi
"Basta entrare nellinvisibile tempio!/ Io non posso insegnarvi a pregare./ Dio non ascolta le vostre parole,/ se egli stesso non le pronuncia con le vostre labbra./ E io non posso insegnarvi come pregano i mari, i monti e le foreste./ Ma voi, figli dei monti, delle foreste e dei mari, potete scoprire la loro preghiera nel fondo del cuore./ Tendete lorecchio nelle pacifiche notti, e udrete mormorare:/ Dio nostro, ala di noi stessi, noi vogliamo con la tua volontà./ Desideriamo con il tuo desiderio./ Il tuo impulso trasforma le nostre notti che sono le tue notti,/ i nostri giorni che sono i tuoi giorni./ Non possiamo chiederti nulla;/ tu conosci i nostri bisogni prima ancora che nascano;/ il nostro bisogno sei tu;/ nel darci più di te stesso, ci dai tutto"2 (G.K. Gibran).
È sempre suggestivo, riandare alle intuizioni rapsodiche che ci offre "Il profeta" di Gibran: un bestseller davvero sempreverde, presente da gran tempo nelle classifiche di vendita nelle librerie italiane. Anche sul tema della "preghiera", infatti esso ci offre degli stimoli per nulla banali: e dire che non si tratta certo di un argomento comodo! Accanto alla classica definizione di essa, che ce la presenta come una delle componenti strutturali di ogni esperienza religiosa la cui natura essenziale di dialogo fra lumanità e Dio si riconnette a molteplici forme spirituali quali il sacrificio, la magia, le feste, i rituali, i voti, la devozione, la mistica, e così via appare innegabile che, almeno dallIlluminismo in poi, la preghiera sia entrata in una crisi profonda, contestata dai suoi molti detrattori "esterni" per il suo formalismo e la sua insensatezza (la Bibbia stessa, del resto, condanna già a più riprese la moltiplicazione di parole prive di riscontri con la prassi esistenziale) ma anche discussa "dallinterno" delle chiese e dei cammini religiosi. "Io prego vivendo", si è sentito ripetere a lungo nei dintorni del Vaticano II; "non ho bisogno di un momento a parte, di uno spazio specifico per lorazione&".
Un desiderio di senso e di vita
Secondo il poeta romantico tedesco Novalis, "il pregare è nella religione ciò che il pensiero è nella filosofia. Il senso religioso prega come lorgano del pensiero pensa". Dresner, dal canto suo, ha osservato che "la preghiera è ciò che ci rende umani; dunque, per comprendere la preghiera dobbiamo prima comprendere luomo". E Aldo N. Terrin, col suo interessante approccio antropologico-culturale, ritiene si possano anche rovesciare i termini della questione, affermando che per comprendere luomo ci sarebbe sufficiente comprendere il suo modo di pregare e il suo dire pregando. Stando alle attuali conoscenze storiche, in ogni caso, si è pregato sin dai primordi della civiltà umana, mentre non ci sarebbe stato alcun periodo storico che non abbia conosciuto la preghiera e in cui essa non sia stata praticata, nelle forme più svariate. Probabilmente, con tutto ciò non è possibile ritenerla una vera e propria "costante antropologica": diciamo, con il teologo Ott, che si tratta della "forma primaria del linguaggio della fede"3. In un classico volume considerato fondamentale sullargomento di F. Heiler ("Das Gebet", del 1919), si sottolinea che, soprattutto nelle religioni cosiddette "primitive", la preghiera appare lespressione immediata di esperienze profonde che trovano la propria origine in un sentimento di bisogno, di pena, di gratitudine, la cui motivazione principale è un desiderio di vita, di senso e di felicità terrena. Essa, comunque, è "il cuore, il punto centrale della religione" proseguiva lautore tedesco con enfasi forse addirittura un po eccessiva tanto che "non è nei dogmi, nelle istituzioni, nei riti, nelle idee morali che noi rinveniamo la sostanza della vita religiosa, ma nella preghiera". E secondo Alfonso M., Di Nola, la preghiera è "la forma rituale a mezzo della quale lindividuo o la collettività si pongono in rapporto con le forze divine, per ingiungere, chiedere, promettere, glorificare, confidentemente abbandonandosi nella consapevolezza della propria limitazione"4. Cè, infine, una felice intuizione del filosofo e linguista Ludwig Wittgenstein, per il quale pregare è "capire che il senso del mondo è fuori dal mondo". E molte altre, per la verità, potrebbero essere le definizioni da riportare, tanti sono stati nella storia delle chiese e delle religioni gli autori che hanno scelto di confrontarsi con la dimensione orante. Ma credo che il panorama sia sufficientemente esauriente.
E oggi, si prega ancora?
E oggi? Oggi ha ancora un senso pregare? E a maggior ragione, ha diritto questa parola di essere annoverata fra i termini-chiave del dialogo interreligioso, ormai affacciato sul prossimo millennio? Terrin ammette chiaramente lalto grado di difficoltà della questione: "I grandi inni religiosi sono nati dalla meraviglia di fronte al mondo, dalla capacità mitopoetica che diventa poi la capacità di recepire una luce di rivelazione, dalla poesia e dal lirismo e infine da atti di culminazione mistico-esperienziale in cui si riconosce lorizzonte del senso. Ora, tutto questo è altamente problematico nel mondo doggi& la poesia resta, forse, ma soltanto come esperienza del negativo e dellimpossibilità&".
Certo, la preghiera è assai discussa lo ricordavamo in una società largamente secolarizzata come la nostra (a dispetto di ogni temuta o agognata "rivincita di Dio"); e frequenti sono stati gli attacchi nei suoi confronti, le sottolineature del rischio in essa insito di evasione e alienazione dai veri problemi della vita, sia da parte del pensiero negativo sia da parte del marxismo5. Citiamo, a titolo di esempio, i giudizi del filosofo Friedrich Nietzsche e quello del drammaturgo Bertolt Brecht. Il primo la considerava solo un "borbottio" di formule vuote, simile a "un lungo meccanico lavoro delle labbra, collegato ad uno sforzo della memoria e ad un uguale atteggiamento rigorosamente stabilito di mani e piedi", che finisce per paralizzare e "immobilizzare" luomo, giungendo a contrapporre agli "orantes" l"homo excelsior", colui che agisce senza aver bisogno di preghiere. Il secondo inserì in "Madre Coraggio e i suoi figli" unautentica parodia di preghiere, con lintenzione di dimostrare non solo "linutilità e il danno della preghiera per la vita", ma anche limpossibilità di conciliare poesia e preghiera: in quanto, se larte è azione, lorazione è di fatto incapace di agire concretamente sulla realtà, di trasformarla davvero.
Preghiera e modernità
Eppure, a dispetto di queste e altre contestazioni, le chiese, le comunità, i singoli credenti continuano a pregare. Nei recenti grandi raduni ecumenici e interreligiosi, anzi a Graz, sede nel giugno 97 della seconda Assemblea delle Chiese cristiane europee, e ad Harare, dove si è svolto nel dicembre 98 lottavo incontro generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) i momenti più vissuti, quelli maggiormente sentiti e partecipati sono stati gli appuntamenti della preghiera comune, ogni mattina e ogni sera: tanto che molti partecipanti se ne sono usciti convinti che quella (più ancora che il dialogo teologico ufficiale) sia oggi la strada più realistica e più vera per un ritrovarsi autentico dei credenti. Quella della "spiritualità ecumenica" e dell"ecumenismo di popolo", del rapportarsi fiducioso a Dio, volgendo a lui gli occhi e le mani insieme pur nel rispetto delle differenti tradizioni e dei diversi modi di tradurre in parole umane, riti e canti la propria fede. Nei movimenti cattolici del post-concilio, nelle parrocchie, nelle comunità religiose del rinnovato monachesimo, nei centri islamici sempre più numerosi nelle nostre città e nelle antiche sinagoghe e nei circoli buddhisti, si torna a pregare, ad "educare alla preghiera" e a discutere della sua importanza. Cè anche, vale la pena ricordarlo, chi segnala che in tale "ripresa della preghiera" non mancano venature ambigue, in primis la caricatura della spiritualità che consiste nello spiritualismo, "il pericolo dei nostri giorni" (E. Balducci).
Se proviamo ad interrogare lantropologia religiosa, potremmo rintracciare tre esiti attuali dellesperienza orante. In prima battuta, esisterebbe una preghiera, per dir così, "secolarizzata", con lobiettivo di combattere il predominio delloggettivismo sul suo proprio terreno: costituita dalla poesia, dalla musica, dalla danza, dallestetica in generale. Ombre dellassoluto, talvolta, o poco più; ma in ogni caso in grado di far intravvedere un orizzonte di "alterità", di infondere speranza laddove le speranze appaiono pressoché tramontate, di lasciare socchiuse le porte dellaltrove. Si tratta di una via in grande espansione, forse non priva di ambiguità ma senzaltro da tener docchio.
Una seconda tipologia di preghiera potrebbe essere definita "subliminale": in realtà, è una "pseudopreghiera" che combatte ugualmente loggettivismo, ma in maniera selvaggia e ovviamente quasi sempre altamente problematica dal punto di vista delle religioni storiche. Essa si esprime nelle forme variopinte dellastrologia, della magia, della chiromanzia, per arrivare ai "trance" derivati dallassunzione di allucinogeni. Qui la ricerca del nichilismo si mescola allesaltazione dellirrazionalità per affermare di fatto limpossibilità dellinvocazione, del senso del meraviglioso, dellapertura allaltro.
Una strettoia delicata
Il terzo tipo di preghiera infine è quello classico, "tradizionale", che viene dalle chiese e dalle religioni storiche, trovando il suo costante punto di riferimento nei testi sacri e nella parola ispirata. Secondo il filosofo Salvatore Natoli6, peraltro, anche questa modalità sconterebbe necessariamente un mutamento che, a ben vedere, è causato da un passaggio tipico della modernità: il passaggio dalla "confessio" alla "meditatio". Dalla forma biblica della "laudatio" e della "confessio", dalla bella definizione del padre della chiesa San Giovanni Damasceno per cui la preghiera costituirebbe innanzitutto una "ascensus in Deum", tutte segnate dallaperto riconoscimento dellesistenza di un "tu" al quale è indispensabile rapportarsi; allesaltazione del moderno come scoperta cartesiana-pascaliana della dimensione della coscienza, dellinteriorità personale, della "meditatio". Rintracciando Dio nel proprio intimo, luomo moderno smarrisce il sentimento della differenza; la ricerca di Dio diviene così la ricerca di una via per esplorare piuttosto se stessi, mettendo in tal modo in crisi la possibilità stessa del pregare. Lintero scenario culturale europeo fra il 600 e il 700 si muove in questa direzione: le scoperte scientifiche spezzano lunità del cosmo, si sgretola luniverso tolemaico-dantesco, il sistema sociale si fa sempre più complesso, trionfa la statistica come effettiva capacità di conoscere le proprie "chanches", le proprie risorse. Di qui, il successo della filosofia dell"amor sui", non quale puro egoismo ma quale calcolo, il più possibile oggettivo, della propria potenza per reggere alle avversità del mondo. Di qui, lavvento del dio razionale dei moderni, la pura deità degli illuministi come risposta alla singolare dicotomia creatasi fra la disarmonia dellindividuo e larmonia del cosmo, fra linquietudine delluomo che si autopercepisce irrimediabilmente finito e la perfezione della natura.
Lesito di un simile paradosso, secondo Natoli, è che lumanità di oggi vaga alla ricerca di sé, ormai incapace di pregare e di porsi in ginocchio di fronte al Totalmente Altro. Basterebbe confrontare, per coglierlo pienamente, l"incipit" delle "Confessioni" illuministiche di Jean-Jacques Rousseau con quelle antiche di Agostino di Ippona: una "meditatio", senzaltro, ma impossibilitata ad aprirsi ad una reale "oratio"; versione secolarizzata della "devotio moderna", degli esercizi spirituali ignaziani, di ogni autoperfezionismo mistico. Ma se luomo attuale non sa porsi in ginocchio, sempre più impossibilitato a cogliere il senso della propria dipendenza e, in fondo, del peccato, non è neppure in grado di attingere a una posizione eretta, secondo la pretesa di Ernst Bloch o a certi fraintendimenti della teologia di Dietrich Bonhoeffer. La postura umana, piuttosto, è quella del ripiegamento, né umilmente inginocchiati (impossibilitati ad esserlo) e neppure fieramente eretti (altrettanto impossibilitati ad esserlo7). È la "pietas" latteggiamento umano più autentico e il punto di partenza per una preghiera più umana e, appunto, autentica. Lo ha esemplificato, qualche anno fa, Luigi Pintor in un mirabile libretto, "Servabo": "Non cè in una intera vita cosa più importante da fare che chinarsi, perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi"8.
È possibile coniugare tale apertura radicale nei confronti dellaltro in particolare di chi, come cantava Fabrizio De Andrè in "Smisurata preghiera", "viaggia in direzione ostinata e contraria/ col suo marchio speciale di speciale disperazione/ e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi/ per consegnare alla morte una goccia di splendore/ di umanità, di verità"9 con laltrettanto radicale consapevolezza che lumanità non è in grado di salvarsi da sola, e che lunica possibilità (perlomeno nel panorama delle religioni figlie di Abramo) è di lasciarsi andare con infantile fiducia alla forza liberatrice di Dio? In questa delicata strettoia, mi pare, si situa, il difficile percorso di una preghiera autentica nello spazio delloggi.
Note
1.S. Quasimodo, UTET, Milano 1968; da Oboe sommerso, p. 34
2. K. G. Gibran, Il profeta, Guanda, Milano 1980, pag. 5
3. H. Ott, La preghiera, linguaggio delluomo, Marietti, Genova 1991, pag. 7
4. A. M. Di Nola, La preghiera delluomo, Guanda, Parma 1963 (2), p. X
5. Per un quadro complessivo di tale situazione, si può vedere lottimo articolo di E. Bianchi, Contestazioni attuali della preghiera, in Concilium n.3 (1990), pag. 70-86
6. Si tratta di una lezione, a tuttoggi inedita, intitolata Preghiera e modernità, che Natoli ha tenuto in occasione del ciclo della Fondazione San Carlo di Modena su Le voci della preghiera il 4 maggio 1995
7. Cfr. S. Natoli, I nuovi pagani, Il Saggiatore, Milano 1995
8. L. Pintor, Servabo, Bollati Boringhieri, Torino 1991, pag. 85
9. Il pezzo è tratto dal CD Anime salve, 1996.
Bibliografia minima
- AA.VV., Preghiera di domanda e di ringraziamento, fascicolo monografico di "Concilium" n.3, 1990;
- Enzo Bianchi, Pregare la Parola, Gribaudi, Torino (moltissime edizioni);
- Chino Biscontin, Pregare oggi, Cittadella, Assisi 1979;
- Leonardo Boff, La preghiera nel mondo secolare: sfida e occasione, in AA.VV., Quale preghiera?, Cittadella, Assisi 1976, pag. 10-54;
- Denise L. Carmody, John T. Carmody, La preghiera nelle grandi religioni, Edizioni Messaggero, Padova 1994;
- Carlo Maria Martini, La preghiera di chi non crede, Mondadori, Milano 1994;
- Giovanni Moretto, a cura, Preghiera e filosofia, Morcelliana, Brescia 1991;
- Brunetto Salvarani, Linquietudineè il suo nome. Preghiera e modernità, in "Il Regno-attualità" n. 16 (1995) pag. 2;
- Brunetto Salvarani, Il linguaggio simbolico e artistico. Itinerari fra preghiera e poesia, in Le storie di Dio, EMI, Bologna 1997, pag. 2;
- Aldo Natale Terrin, Il pregare delluomo. Considerazioni antropologiche e storico-religiose, in A. N. Terrin, a cura, Scriptura crescit cum orante, Messaggero, Padova 1993.
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