ACCETTARE SE STESSI PER ACCETTARE L'ALTRO
Un esperienza di formazione per gli operatori dei servizi a Torino

 

di Vincenzo Simone

 

Il contesto istituzionale

Nel corso del 1997 , "Anno Europeo contro il razzismo e la xenofobia", la Direzione Generale V (Affari Sociali, Migranti) della Commissione Europea ha varato l'iniziativa LIA (Local Integration Partnership Action) chiedendo a tre networks di città (Eurocities, Elaine, Quartiers en Crise ) di lavorare insieme per predisporre, valutare, diffondere alcuni progetti pilota sulle politiche di integrazione delle minoranze etniche e dei migranti.
All'iniziativa,di durata biennale, hanno aderito numerose città europee, tra cui quattro italiane ( Torino, Palermo, Bologna e Napoli).
Il progetto della Città di Torino, presentato all'interno della rete "Quartiers en Crise", ha come finalità la facilitazione dell'accesso ai servizi per la popolazione migrante, attraverso la ridefinizione delle strategie di intervento e l'adeguamento degli uffici e delle professionalità degli operatori (pubblici e privati) a contatto con un'utenza sempre più diversificata.
Il progetto ha avuto durata biennale. A partire da un'analisi concertata dei punti critici e delle possibilità di trasformazione dei servizi, nell'ottica di creare una più fluida integrazione tra le differenti competenze della Pubblica Amministrazione ai vari livelli (locale, regionale, nazionale), si è lavorato attraverso una serie di consultazioni con Istituzioni , gruppi di volontariato e del privato sociale che hanno attivato servizi e/o sportelli per cittadini stranieri e con altri uffici dell'Amministrazione Comunale, per enucleare insieme i nodi da sciogliere e per avere un'aggiornata mappatura dell'esistente.

L'ultima azione prevista dal progetto per la prima annualità è stata la predisposizione del rapporto di ricerca " Il filo di Arianna. La città, i servizi, gli immigrati a Torino ", curata dall'IRES Piemonte e diretta ad evidenziare i "passi carrabili dell'informazione" che precludono il reale utilizzo dei servizi, sottolineando specularmente, le esigenze di formazione in servizio per gli operatori.
Alla luce di tutto questo, il progetto Lia per l'anno 1998 ha concentrato la sua attenzione e gran parte delle sue energie su l'attivazione di una serie di percorsi formativi, articolati su più livelli e aperti alla partecipazione di gruppi misti, costituiti, cioè, da operatori impegnati in servizi e/o sportelli di istituzioni pubbliche e di gruppi associati del privato sociale.
Accanto alla formazione, le altre azioni determinanti del progetto sono finalizzate a creare strumenti informativi e comunicativi più duttili e più utili a raggiungere un'utenza differenziata, ad aumentare le azioni e gli interventi coordinati a livello interistituzionale e, infine, a favorire la continuità di rapporto tra i tecnici all'interno dell'amministrazione locale.

La formazione degli operatori

Come ogni grande città europea, anche Torino vive oggi una significativa situazione di trasformazione economica e sociale. Un dato che caratterizza la trasformazione è la pluralità di culture, provenienze, religioni, lingue che oggi arricchiscono il panorama cittadino.
Il processo dell'immigrazione e la sua sedentarizzazione nella nostra città comporta delle controversie. Esso suscita da un lato un sentimento di arricchimento culturale e umano, dall'altro cristallizza le paure, i fantasmi, le fobie, che si alimentano di stereotipi e di pregiudizi.
L'ignoranza sull'immigrazione comporta conseguenze nefaste poiché essa suscita delle risposte semplicistiche di fronte a situazioni complesse, che richiedono invece un attento lavoro di differenziazione.
L'integrazione e la coesione sociale sono favorite dalla capacità delle istituzioni di erogare servizi sociali, culturali, educativi in modo che essi siano accessibili a tutti gli utenti, nativi e stranieri e conducano a percorsi di vera cittadinanza, intesa come consapevole accettazione di responsabilità rispetto ai diritti e ai doveri della appartenenza alla città-territorio.
La formazione in servizio degli operatori deve dunque tendere a potenziare e ottimizzare la loro capacità di essere "mediatori" nel rapporto con l'utenza "diversa".
Questa funzione diventa particolarmente importante in una società che inizia a riconoscersi ed autodefinirsi come multiculturale.
L'attenzione alle diversità per chi riveste un ruolo educativo, in senso lato, non può più essere dilazionata o lasciata alla sensibilità ed alla ricerca del singolo.
Per aiutare gli operatori ad acquisire le conoscenze e i mezzi necessari ad accogliere positivamente la differenza e a superare pregiudizi e atteggiamenti di sospetto si è proposto un percorso finalizzato alla comprensione del fenomeno migratorio e della posta in gioco dal punto di vista dell'intercultura e allo sviluppo della riflessione sulle modalità d'azione di integrazione.
Caratteristica dei corsi di formazione LIA è la contemporanea partecipazione di persone impegnate in servizi con caratteristiche simili ma afferenti a diversi Enti, Istituzioni e Organismi del privato sociale.
Dal mese di giugno è partito il training di primo livello destinato a persone impegnate in servizi e/o sportelli e a contatto con utenza "mista", indipendentemente dalla cittadinanza. Gli obiettivi specifici di questi corsi di primo livello sono stati :- comprendere la complessità del fenomeno migratorio;

  • maturare atteggiamenti positivi di accoglienza della alterità;
  • sviluppare riflessioni comuni sulle modalità di azione e di integrazione.

Circa quattrocento persone appartenenti a diversi servizi dell'Amministrazione Comunale, di altre Amministrazioni decentrate dello Stato e di Enti Locali, operanti nel privato sociale e nell'associazionismo hanno preso parte ad un'esperienza sviluppatasi in cinquanta ore di aula.
Mettere insieme persone provenienti da realtà lavorative così diverse, con backgrounds così differenziati e provenienze e appartenenze etniche diverse, è stata una scommessa. Tuttavia sperimentare la diversità a partire del nostro vicino ci ha aiutato a comprendere di più e ad avvicinarci con modalità e approcci nuovi alle "grandi alterità". Inoltre l'esperienza ci insegna che spesso l'interistituzionalità ed il collegamento in rete tra istituzioni e cittadini associati passa, prima di essere sancito da intese e protocolli d'intesa formali, da rapporti e relazioni personali tra operatori impegnati in tipologie di servizi diversi ma che nel quotidiano sono accomunati da una comune difficoltà a rapportarsi con una cittadinanza in continua trasformazione che esprime domande sempre nuove.

Ma il reale valore aggiunto della formazione LIA si è registrato sul versante metodologico.

Sono state utilizzate sia metodologie di tipo tradizionale (frontali) che metodologie attive ( metodo training, metodo degli incidenti critici) , metodologie che pongono l'accento sul rapporto con le diversità, metodologie particolarmente indicate per chi lavora in contesti multiculturali.
Un modulo in particolare, denominato "L'attenzione alle diversità nei servizi alla persona", è stato caratterizzato dal ruolo attivo svolto dei partecipanti che si sono esercitati in dimensione di piccolo gruppo su i temi della comunicazione interculturale, che attraverso una serie di strumenti propri del metodo training si sono "messe in gioco" che hanno provato ad applicare il metodo sugli incidenti critici elaborato da Cohen-Emerique ad una caso concreto di choc culturale.

Anche il segmento conclusivo del percorso di formazione, "Analisi degli interventi in atto e programmazione di strategia comuni " ha posto in primo piano la partecipazione attiva dei corsisti. In questo caso ci si è cimentati nell'applicazione di un metodo di lavoro in rete su un caso reale a partire dall'esperienza dei partecipanti cercando di tradurre in pratica quanto appreso, alla luce di tutte le conoscenze e le informazioni precedentemente acquisite.

Nel mese di novembre hanno avuto inizio i corsi di secondo livello destinati a amministratori, funzionari e tecnici di servizi e/o sportelli già da tempo operativi sul campo. Le caratteristiche sono state le stesse dei corsi di primo livello, sono stati chiaramente calibrati i contenuti che hanno avuto un respiro europeo e un approfondimento maggiore, ma l'interprofessionalità e l'interistituzionalità sono state preservate.

Inoltre alla fine del percorso è stata aggiunta una giornata seminariale di riflessione comune sui valori, sul senso che ciascuno di noi dà al proprio intervento sociale. Una giornata di confronto sulla deontologia di una professione che è sociale ed educativa, che si realizza in ambito multiculturale ma che spesso si porta dietro vissuti e rapporti di relazione con l'altro non risolti, paura del vicino piuttosto che transculturalità intesa come modalità di relazione non violenta tra le persone, che attraversa le culture e le appartenenza, le accoglie e, in un continuo lavorìo di destrutturazione e ricostruzione, fortifica la propria identità.
In una società multiculturale le differenze sono chiamate a convivere e a confrontarsi. La diversità, come l'immigrazione, è un dato strutturale, non eliminabile dalla vita sociale.
Come esercizio, prima di parlare dell'alterità etnica, dovremmo considerare quelle forme di alterità che rendono noi stessi così diversi nelle varie situazioni di vita.L'incontro con l'altro può attivare aspetti inconsapevoli della nostra emotività e dar vita a rappresentazioni di sé differenti e inattese..
La disponibilità a comprendere l'altro e ad apprendere dall'altro si configura come una disponibilità ad accettare gli sguardi delle inconciliabili diversità che si fronteggiano dentro di noi.

 

 

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