ATTI

Laboratorio n° 9

Papalagi allo specchio
Scoperte e sani dubbi sul nostro stile di vita.

Sonia Colluccelli
Luca Palagi


"Che strano: nel limite ci stiamo tutti& fuori no!"

Con queste parole di un partecipante al laboratorio 9 avviamo questo resoconto-bilancio (anche se vorremmo che fosse soprattutto una sorta di estratto da un immaginario "diario di bordo") di un frammento di vita condivisa da chi con noi ha scelto di indagare quei comportamenti "feriali" che danno forma (e sostanza!) alla nostra vita, fino a poter parlare di uno stile inconfondibile ed unico: il nostro, appunto.

Il capo samoano Tuiavi di Tuiavea, sedicente autore del piccolo trattato in cui si studiano le abitudini del Papalagi - uomo bianco, ci ha dato all'inizio di ogni giornata il pretesto, la provocazione per ricordare che non vi è nulla di scontato, o peggio di "normale", nel modello di vita che, pur con sensibili differenze interne, accomuna gli uomini e le donne europei ed occidentali.
Decostruire comportamenti acquisiti, decentrarsi, relativizzare assoluti spesso inconsci e condivisi sono stati da un lato il punto di arrivo di ogni momento laboratoriale e dall'altro, in senso più ampio, lo stile di lavoro, di ricerca su di sé, il gioco che ci ha accompagnato passo passo.
Il tentativo è stato quello di avere attenzione a non scivolare mai nella gabbia del giudizio, leggendo invece la propria storia alla luce, come ci si è detti spesso, di sogni e bisogni, magica alchimia (fatta anche, in verità, di tante contraddizioni) che in uno specchio della mente e del cuore potremmo ricostruire.

(Lunedì pomeriggio) Ci aspettano momenti e giorni di scoperta di noi e degli altri, oggi iniziamo ad "annusarci" e a mostrare frammenti del nostro mondo interiore: se il mio nome avesse un significato alla maniera dei pellerossa, cosa potrebbe significare, o ancora: l'etimologia vera del mio nome corrisponde a ciò che sono? (A proposito: che impegno sapere di essere - come Angelo o Angela - un messaggero, o - come Aristide - nientemeno il migliore!).
C'è poi il potere evocativo delle immagini: proviamo a raccontarci e lasciamo intravedere agli altri il nostro sguardo sulla vita attraverso visi, paesaggi, fiori, animali presi dalle pagine di giornali qualsiasi: sarà, il linguaggio delle foto, il primo tassello di un puzzle da restituire a noi stessi e a chi vorrà sapere, l'ultimo giorno, cosa abbiamo vissuto tra Papalagi.

(Martedì mattina) Iniziamo ad addentrarci oltre le dichiarazioni di principio su cui, lo si percepisce da subito, c'è un ottimo accordo. Ma questa sobrietà è davvero un'amica così piacevole e leggiadra o forse Francesco d'Assisi che la chiamava Povertà, e se l'è pure sposata, era davvero un po' matto?
Abbiamo solo un frammento di mattina per parlarne ma schierandoci su una linea immaginaria iniziamo a misurare le distanze tra di noi e a scoprire come le parole ci fanno risuonare dentro emozioni che ci rendono davvero universi complessi e unici.

(Martedì pomeriggio) "Il Papalagi è sempre scontento del suo tempo e si lamenta con il Grande Spirito perché non gliene ha dato abbastanza"
Chi non si riconosce in questa lucida e spietata analisi del capo samoano?
E allora "smontiamolo" questo tempo-risorsa!

Con un gioco di simulazione fingiamo di essere vecchi amici che hanno da decidere dove andare a spendere una settimana delle loro vacanze, dopo dieci anni dall'ultima gita fatta insieme. Quale tempo è più prezioso, e su quale siamo meno disponibili a venire a patti, di quello libero?
La simulazione ci aiuta a portare fuori di noi, nell'agire "per finta", magari un ruolo che non rivestiremmo mai "dal vero", le dinamiche e le posizioni rispetto all'uso della grande "ricchezza tempo"; ma poi parliamo proprio di noi, "in carne ed ossa e& orologio": c'è chi il tempo lo organizza chi lo satura, chi lo rincorre, chi lo anticipa e chi lo commemora, ma tutti scopriamo, proprio nel confronto con chi è più simile a noi da questo punto di vista, i limiti ed i vantaggi della nostra gestione e sui cartelloni, le cui foto sono allegate a queste righe, si esprime la vena creativa e grafica a sintesi del confronto nel gruppo.

(mercoledì mattina) "&quando con il dorso di una tartaruga costruisce per sé un arnese per lisciarsi i capelli, fa ancora una pelle per l'arnese, una piccola cassa per la pelle, e una cassa più grande per quella più piccola. Mette tutto in pelli e casse&"

Quali tra le migliaia di "cose" che ci circondano possiamo definire indispensabili, utili o inutili? Abbiamo provato a giocare per arrivare a dare una risposta condivisa a questa domanda e se dapprincipio sembrava difficile la rinuncia al proprio, alla fine sotto la colonna di ciò che è indispensabile sono rimasti solo quattro oggetti (quando la consegna chiedeva di trovarne cinque)& eccesso di sobrietà o di potere dialettico del gruppo?

Per continuare la "cosologia" in aderenza alla vita quotidiana, la nostra aula di laboratorio si è trasformata in aula di tribunale: sotto processo automobile, televisione, telefoni cellulari, lavastoviglie e carne; ogni oggetto "imputato" poteva contare su un avvocato difensore, un accusatore e, naturalmente, un giudice. A seguito di tutte le arringhe accusatorie e difensive si sono registrate soprattutto sentenze di assoluzione anche se condizionate dall'uso che ognuno di noi andrà a fare delle "cose" in questione. Peccato solo che per ora la forma solo cartacea degli atti non permetta di dare conto dei momenti di "tribunale" che rimangono nella memoria della videocamera dei conduttori.

(mercoledì pomeriggio) "Ci sono molti bianchi che ammucchiano il denaro, lo portano in un luogo ben custodito, ne portano lì sempre di più e il denaro lavora per loro. Come ciò sia possibile senza qualche diabolica magia non sono mai riuscito a saperlo del tutto&"

Arriviamo al vero argomento tabù del laboratorio e di ogni percorso che affronti il tema dello stile di vita e della sobrietà (e quindi il filo conduttore del Convegno): il denaro.
Abbiamo scelto anche per questo passaggio di partire da una simulazione (questa volta fingendo di essere il consiglio direttivo di un'associazione di commercio equo con una spesa da affrontare, naturalmente ognuno a partire dal proprio stile!).
Dopo esserci, implicitamente, detti con il gioco che era possibile far entrare nel nostro laboratorio la carta moneta, abbiamo scelto comunque una modalità dolce ma profonda di parlare di noi in rapporto al denaro: ci ha aiutato il linguaggio non verbale, il manipolare come fosse creta il corpo di altri partecipanti (non a caso tale attività è stata pensata a rapporti ormai abbastanza "caldi") per dare forma evocativa al nostro, spesso tormentato e contraddittorio, modo di vivere la ricchezza-moneta. Tutti insieme abbiamo poi scelto di aprire - nella serata per i laboratori, una finestra proprio su questo momento, un po' perché esprimeva il nostro essere "gruppo in interazione", un po' perché ognuno aveva sentito di essersi davvero raccontato senza le parole e di essere riuscito ad ascoltare gli altri.
Per chi non fosse stato presente alla serata di giovedì o per gli smemorati, riproponiamo in queste pagine le foto delle "statue" più espressive con le didascalie volute dagli "scultori".

(Giovedì mattina e pomeriggio) Vogliamo "chiudere il cerchio", ritornare sul senso della sobrietà alla luce di quello che abbiamo vissuto insieme, Vogliamo dedicarci un tempo di confronto meno strutturato ma che permetta di mettere insieme pensieri più articolati.
Scegliamo delle "provocazioni" nuove nelle parole dei profeti dei nostri giorni: sono brani di Don Tonino Bello, di Alex Zanotelli, di Gandhi, di Alex Langer, del Vangelo; prima a piccoli gruppi, poi tutti insieme ci raccontiamo la fatica e insieme il desiderio di legare nella vita "sogni e bisogni", le strategie delle risposte piccole (lo è davvero dare via la tredicesima tutti gli anni pur avendo, come tanti, figli da crescere?) e quotidiane che ciascuno ha trovato. È un momento intenso e nel salutarci più d'uno dirà che è stato un peccato non averne potuto godere di più.

Già i saluti, le valutazioni&
Ci è sembrato di essere riusciti a vivere il laboratorio come luogo di reciproca accoglienza (una partecipante diceva: "entrare in questa stanza ogni giorno mi trasmetteva il calore ed il clima dell'arrivo a casa"), avremmo forse voluto aver più tempo e/o tempi più distesi e ci siamo detti a vicenda come l'occasione di vivere insieme questa esperienza diventa spesso tentazione (soprattutto per i conduttori) per saturare gli spazi mentali a disposizione.

Rimangono i ringraziamenti reciproci fatti con un nodo alla gola per la commozione del doverci "già" separare, le cartoline che, a meno di un mese dai saluti, ti dicono che in chi c'era, conduttori compresi, resiste la coscienza di essere un po' meno anonimi Papalagi e un po' più persone arricchite di un "sano tormento" che convive con la "leggerezza della ricerca fatta insieme".