ATTI

Laboratorio n° 14

&A cercare l'anima nelle cose

Ilaria Catanorchi
Renzo Laporta
Riccardo Testardi


Carissimi bambini e bambine, ragazzini e ragazzine,
vi ricordate di me?!

Sono Sacco Nero, quello con cui avete giocato e scherzato nei quattro giorni di permanenza a Città di Castello. Sono passate poche settimane da quando ci siamo salutati ma già sento la vostra mancanza.
Oggi vi scrivo e già mi sento meglio: qui dove sono tornato non è che me la passi proprio bene, credo vi sarete accorti che la vita per noi oggetti non sta girando molto bene.
Una volta sì che era più bello, noi cose eravamo poche, tutti ci trattavano con il massimo riguardo e prima di buttarci via ci pensavano due volte, anzi se potevano ci riaggiustavano, ci trovavano altri impieghi, insomma eravamo molto più "integrate" nei cicli della vita.
Oggi è vero che siamo diventate troppe, occupiamo veramente troppo spazio, molte di noi sono anche inutili, superflue, ma allora perché continuate ad inventarci e a produrci, a costruirci in modo tale che la nostra prima vita duri così poco e ci consumiamo e rompiamo subito? E da dove viene tutta quella smania di averci quando siamo belle e nuove, lì esposte in vetrina e poi il disgusto che vi provochiamo quando invece qualcun'altra più alla moda ci sopravanza?
Beh! Allora se non volete vederci soffrire tutte lì schiacciate, triturate, incenerite, ridotte ad inquinanti, galleggianti sull'acqua o infossate nella terra, disperse nell'aria, velenosamente respirate ed ingerite& beh! Allora adottate quelle semplici precauzioni fatte di tanti piccoli gesti quotidiani che - credo - tante volte vi hanno indicato, e magari coinvolgete anche altre persone a praticarle; pensateci due volte a comperarci, chiedetevi se siamo veramente necessarie o risultiamo superflue, se si può fare diverso e in modo più semplice. E non che io abbia delle preferenze, però dicono che le cose fatte con materiali naturali risultino più riciclabili e riutilizzabili, che sia meno dispendioso in termini di energia costruirci, disfarci e rifarci.

Adesso basta con la morale, queste cose già le sapete, è un problema urgente ed ovunque è all'ordine del giorno, vi ho chiesto solo un po' di comprensione, in voi trovo degli amici e delle amiche e mi sento libero di esprimere i miei problemi e le mie paure, la mia rabbia per tutto quello che non va e che invece con un po' di buon senso si potrebbe riaggiustare.
Come sacco nero m'impegno molto affinché tutto sia pulito, anzi - ve lo confesso - sono diventato un simpatizzante del nuovo movimento "Dalla parte delle cose" e abbiamo in mente tante idee carine per tornare a vedere e sentire il mondo con occhi nuovi, animati proprio come abbiamo sperimentato nel laboratorio.
Voglio ringraziarvi della bella esperienza che ho passato, del divertimento, dell'amicizia che abbiamo stretto, di tutto ciò che ho imparato stando con voi in semplicità.
E poi io e le mie amiche cose, vorremmo ringraziarvi anche perché abbiamo riacquistato fiducia e speranza per un mondo diverso: giocando ed esprimendosi artisticamente ci avete fatto riscoprire infiniti modi con cui possiamo sentirci apprezzate da mani, occhi, cuori sensibili, siamo tornati a sentirci utili per gli altri, a sentire che ci volete ancora bene e non ci volete allontanare.
A dire la verità prima di questo laboratorio avevo una certa idea della specie "homo sapiens post-modernus": che tante, troppe volte, era confermata da esperienze personali e dalle storie che miei amici mi hanno raccontato su come - comunemente e con disinvoltura - voi umani ci trattate, usate e poi buttate via.

Ma oggi posso dire e raccontare alle cose che incontrerò che non tutti gli umani sono uguali, che anzi tanti di voi siete gentili e rispettosi con noi, che avete voglia di fare amicizia, di giocare e considerarci ancora tanto importanti, anche se non siamo più abili come prima nello svolgere le nostre mansioni (quelle funzioni per cui siamo state inventate da voi); ecco sapete una cosa, da oggi voglio provare a cambiare anche il modo di chiamarci, non più noi-cose e voi-umani, ma tutti e tutte noi del mondo.
Ricordo che durante il gioco del sacco nero mi avete fatto molte domande, alla prima - "Caro sacco nero che cosa tieni nel tuo pancino?" - ho risposto io; a qualcuna avete provato a rispondere voi stessi. E poi abbiamo cominciato a giocare.
A questa lettera ho allegato le vostre foto, un racconto ("Dai viaggi di Gulliver") che ci può tornare utile per recuperare un sano rapporto con le cose, il percorso delle attività realizzate.

Ancora un ultimo appunto, questa solo per gli animatori: va beh! il contesto di vacanza, va beh! l'infanzia che "brucia senza posa esperienze", passi il fatto che il gruppo essendo eterogeneo - 5/12 anni - possiede al suo interno tempi di concentrazione estremamente diversificati, come anche la disponibilità a sostare ed ascoltare e la capacità e proprietà di linguaggio, che il gruppo degli animatori era la prima volta che lavorava insieme e che l'animatore per sua identità storica è stato sempre più votato all'azione che alla teoria, però potevate spingere un po' di più sulla riflessione sull'esperienza realizzata?! Certo, sempre a partire dalle esigenze dell'infanzia, ma guardiamo anche quest'aspetto degli obiettivi educativi e formativi; forse cambiando qualche modulo organizzativo, forse cercando un po' di più nei contenuti si sarebbero potute cogliere occasioni di riflessione e discussione& Per l'anno prossimo fatevi un appunto speciale.

Adesso mi congedo, ritorno alle mie responsabilità: mi hanno assegnato ad un nuovo cestino di un parco pubblico cittadino, sarà magnifico!!

N.B.: Questa lettera è di contatto/continuazione per il gruppo dei partecipanti del Lab 14. Le lettere di risposta vanno indirizzate a SaccoNero/Renzo Laporta, Via Doberdò 24, 48100 Ravenna.

Attività realizzate

Obiettivi:

  • Sperimentare il cambio di prospettiva provando a vedere il mondo dal punto di vista delle cose;
  • con modalità ludiche, creative, artistiche, di manipolazione creativa del materiale, riscoprire le potenzialità dei "rifiuti", riabilitandole a "cose del mondo";
  • attivare processi di socializzazione tra i partecipanti, conoscendosi, riconoscendosi, collaborando, ponendo attenzione e ascolto al racconto e all'espressione dei singoli/e;
  • riconoscere l'infanzia nel contesto di vacanza rispettando tempi, interessi, modalità educative, facendo sperimentare pratiche tradizionali di protagonismo cittadino e non dei bambini/e.

Percorso dei contenuti

Con le mani nel mucchio
Ognuno/a svuota il sacchetto dei "rifiuti" che si è portato/a da casa contribuendo a fare crescere il cumulo delle cose gettate& questa volta a disposizione per il laboratorio di ri-animazione e come una volta, come in altre culture, come in altre circostanze in cui la strada, la piazza, l'ambiente era a disposizione anche per le attività dell'infanzia. Arriva l'invito dell'adulto, cioè quello di "mettere le mani nel mucchio" per avviare un'attività libera ed autogestita, di carattere esplorativo e sperimentale di rapporto diretto, non mediato dall'adulto tra bambino/a e oggetti lasciando che esso si manifesti spontaneamente attraverso il giocare e l'inventare giochi, passando da un'azione all'altra, trovando nel contesto una "valanga di stimoli" continui, che generano e rigenerano l'attività di gioco con se stessi gli altri e le cose del mondo.
Gradualmente, il gruppo si distacca dal fare ludico e viene invitato a disegnare il gioco che più è piaciuto e successivamente a raccontarlo individualmente o con l'aiuto di altri all'intero gruppo dei partecipanti.

Il quadro tridimensionale
Guardando com'è rimasta la stanza in cui si è appena finito di giocare, si scopre una grande "confusione": tutte le cose del mucchio sono ora sparse, ma a tutti i partecipanti quest'immagine piace, non crea loro disturbo anzi è invitante, se quest'immagine non fosse quest'immagine che altro potrebbe essere, cosa evoca? Le risposte arrivano copiose: il cielo e le stelle, il supermercato, la strada animata, la fiera, la città, metà che si cercano, il giardino con la casa e lo stagno delle oche&.
Ogni immagine evocata è tradotta in un quadro tridimensionale fatto di uno sfondo, una cornice e degli oggetti che, componendoli nello spazio a disposizione, esprimono il titolo del quadro.

Le carte di identità
Ognuno/a racconta di sé agli altri descrivendosi secondo una lista di voci precedentemente definite dal gruppo e con gli oggetti fa la foto del suo volto, poi tutti trovano un momento per raccontarsi e mostrarsi al gruppo che ascolta curioso.

Dalle statue alle scenette
Dapprima giocando al gioco dello scultore con la creta e poi - a piccoli gruppi - componendo gli oggetti tra loro vengono costruite delle statue di rifiuti con un titolo.
Successivamente ogni statua diventa il perno su cui il gruppetto inventa una storia da mostrare agli altri rappresentandola in uno spazio scenico.

I giocattoli della tradizione
Con materiale naturale e di riciclaggio nascono modellini di barchette da fare navigare in una mini-piscina costruita in giardino.

Il gioco del sacco nero
Il sacco nero della spazzatura porta con sé delle domande, ha una storia da ricostruire.
Noi ci siamo concentrati sul gioco dell'immedesimarsi negli oggetti che in esso sono contenuti per sentire, attraverso il giocare, che cosa sperimentano le cose quando sono chiuse e predestinate a rimanere rifiuti e quando sono all'aperto libere di stare con noi.

  • Interpretiamo gli oggetti con il corpo; diamo loro una forma, espressione, voce e parola che racconta;
  • "scattiamo" la foto che raccoglie tutti gli oggetti mettendoli in relazione tra loro e in parallelo; le persone con le loro interpretazioni riproducono con posizioni corporee la foto delle cose; i cambi di posizione nello spazio ridefiniscono rapporti interpersonali;
  • traduciamo un gioco che stanno facendo le cose tra loro, in un gioco tra le persone che le interpretano; un oggetto diventa il capo che insegna a tutti esercizi di ginnastica;
  • facciamo tornare dentro al sacco tutti gli oggetti che vivono così lo "sballottamento", il chiuso, il buio, la puzza&. e poi interpretiamo: "Che cosa ne pensiamo delle diverse esperienze vissute?" (Cioè cosa potrebbero sentire, pensare, fare le cose nelle diverse situazioni sperimentate?)

Il quadro con l'oggetto particolare
Ognuno prende dal sacco nero un oggetto e pone davanti a sé e al gruppo questa domanda: "Se l'oggetto in questione non fosse l'oggetto che è, che cos'altro potrebbe essere?"; poi si raccolgono le molteplici risposte:
Selezionata una risposta si colloca l'oggetto al centro. Tutti, escluso il proprietario dell'oggetto, entrano a fare parte di un quadro tridimensionale e vivo. Successivamente l'idea del quadro con i suoi elementi e rapporti verrà tradotta con il colore su di un grande foglio dove campeggia la presenza dell'oggetto particolare da cui tutto è partito.

La piazza
Fatta la dovuta richiesta al Comune di Città di Castello abbiamo passato un pomeriggio in piazza anche tentando di coinvolgere i passanti. Ci siamo divertiti con giochi tradizionali: la corsa coi sacchi, le biglie, la pista con i tappini, il percorso di abilità, il bersaglio alle bottiglie, il tiro della fune, la costruzione del bilboquette con bottiglie di plastica spago e pallina di carta.

Il vento soffia e sposta le persone che&
Questo gioco l'abbiamo adottato più volte prima di avviare i laboratori in attesa dei ritardatari.
Una persona al centro del cerchio dei partecipanti dice questa frase "il vento soffia e fa spostare le persone che hanno&" e tutti coloro che possiedono ciò che viene indicato si alzano e cambiano di posto, l'ultimo che si siede sarà la nuova persona che dice la frase di rito.

In giardino
A fine mattinata o nel pomeriggio è rimasto sempre un po' di tempo per giochi liberi nel giardino. Così pure in giardino abbiamo fatto la merenda, il mini banchetto conviviale.

Il gioco finale
La sera di giovedì c'è lo show dei diversi laboratori che portano ognuno "una finestra aperta sul percorso realizzato".
Portiamo nello spazio scenico le differenziate creazioni; si struttura uno scenario in cui il gruppo agirà l'ultimo gioco: avendo a disposizione un sacco nero ogni partecipante al grido: "merenda!!" estrarrà dal contenitore parole, colori, oggetti da gettare al centro del semicerchio con l'intento di ricostruire un cumulo di oggetti riabilitati a "cose del mondo".

I Sapienti dell'Accademia di Lagado

"Si proponeva questo espediente, per cui, se le parole altro non sono che i nomi per le cose, sarebbe stato molto più conveniente che gli uomini si fossero portati appresso quelle cose di cui intendevano parlare per qualsiasi faccenda. (&) Mi è capitato spesso di vedere un paio di questi sapienti sopraffatti da enormi fagotti, simili in tutto ai nostri venditori ambulanti, i quali, incontrandosi, depongono il loro fardello, aprono i sacchi e intrattengono conversazioni di un'ora; poi rinfilano dentro i loro strumenti, si aiutano a vicenda a ricaricarsi sulle spalle i fardelli e si salutano" (J. Swift, I viaggi di Gulliver).
I sapienti di Lagado se ne andavano in giro sommersi da sacchi di cose perché non parlavano e non sapevano comunicare altrimenti tra di loro. Noi, i nostri sacchi di cose, li compriamo già fatti. (&) Forse una buona parte del contenuto dei sacchi del pattume che riempie le nostre strade ha avuto una funzione del tutto simile a quella degli oggetti dei sacchi dei sapienti dell'accademia di Lagado. (&) È importante che ognuno esprima ciò che è con le sue parole, il suo corpo, le sue cose, i suoi comportamenti, le sue scelte e azioni. Così, forse, potremo smettere di imitare i "saggi" dell'accademia di Lagado.
Basterà parlare, leggere e scrivere per avviarci a ri-scrivere un rapporto più sensato tra di noi, con le cose e l'ambiente?"
(da: Mosaico di Pace, Luglio 1997, pag 20)