ATTI

Laboratorio n° 1

"Per niente facile&"

Mariantonietta Di Capita,
Rita Vittori


Per niente facile& creare un angolo di Eden perché gli uomini e le donne faticano a trovare luoghi e tempi per parlare di sé e dell'altro/a. Per niente facile perché uscire da sé per incontrare l'altro/a ha bisogno di un linguaggio comune e diversificato& per niente facile perché ciascuno porta con sé ferite che ancora sanguinano&
Per niente facile& descrivere il percorso di un gruppo partito alla ricerca di un modo per de-finire il proprio spazio così da riconoscere e rispettare lo spazio dell'altro e poter insieme costruire lo spazio della relazione.

La ricerca del proprio giardino: ovvero il ritiro

"Ho sentito persone domandare: dov'è il giardino dell'Eden? & È vero che in molti posti l'Eden è ricoperto e dimenticato. Ma può essere di nuovo ripristinato. Ovunque ci sia terra logorata, terra usata malamente o non usata, l'Eden sta ancora subito sotto&" (da P. Estes, Il giardiniere dell'anima, Frassinelli, 1996).

Ma per riconoscere il nostro giardino abbiamo proposto un "ritiro" simbolico perché "& nel momento in cui ci ritiriamo, emerge il mondo interiore, e noi impariamo a seguire la sua direzione e le sue leggi. Il ritiro comporta la scoperta di quelle leggi e quindi il tentativo di vivere in base ad esse. È come stabilirsi in un paese straniero" (da Metzger, Scrivere per crescere, Astrolabio, Roma 1994).

Siamo partiti così, individualmente, alla ricerca di cosa c'era sotto lo strato superficiale della nostra esistenza: abbiamo cercato di immaginare di avere un anno per dedicarci alla nostra vita interiore da vivere in un luogo senza telefono né visitatori. Ci siamo chiesti dove avremmo preferito stare, in quale ambiente e quali oggetti avremmo portato con noi. Naturalmente abbiamo anche scritto una lettera di spiegazione ai nostri cari.
"Miei cari, ho deciso di partire per un lungo viaggio per trovare un posto tutto mio, perché ho bisogno di tempo, di tanto tempo per me, da impiegare nelle cose che più mi piacciono&".
"Ho bisogno di fresco/ per dare refrigerio ad una/ mente presa da mille pensieri/ Ho bisogno di terra per riprendere/ contatto/ con l'essenziale/ Raccogliendomi e raccogliendomi/ non smetterò di pensare a voi/ Vi prego di aspettarmi per godere con me i frutti/ del mio lavoro/ Al prossimo agosto. M.
"& Questa lettera vuole essere la premessa di un più lungo percorso dove la mancanza, l'assenza, non è determinante, dove l'appartenenza, l'esserci dentro di noi, sarà così forte e il ritrovarci creerà vera gioia.
Poi accade che, quasi sempre inaspettatamente, qualcosa di semplice, come uno sguardo, un odore, faccia scattare dentro una piccola scintilla e da lì si parte. Si va. Ed io andrò in quella casa, in quel luogo che tu conosci&".
"Mi ritiro un anno nella solitudine di questo luogo perché voglio recuperare e riscoprire quei valori che lo stress, la fretta e lo stile della vita quotidiana allontanano da noi, vorrei conoscere meglio me stesso, ritrovare il legame che l'uomo ha con la natura e, soprattutto, instaurare un dialogo con Dio attraverso la contemplazione del creato e la riscoperta di cose e azioni semplici e genuine&". Francesco
"& Quando arriva però la sera& ecco, forse avrei un po' paura! Ma& se mi porto Pucci appresso!! Ecco, forse penso che avrei, prima o poi, una profonda crisi di solitudine, ma la Nutella riesce a calmare le mie angosce con l'aggiunta di un po' di autoconvinzione&". Ale
Al ritorno da questo anno di silenzio ci siamo raccontati/e cosa è accaduto e poi ci siamo chiesti: che cosa mi ha colpito del modo di raccontare degli uomini e delle donne?

A noi uomini ha colpito dei racconti delle donne&

  • La lentezza, perché al contrario, nella vita quotidiana, le donne sono frenetiche.
  • Il bisogno di protezione e il richiamo agli affetti.
  • Nelle giovani la titubanza a stare un anno in silenzio.
  • La necessità di sapere cosa fare e il bisogno di organizzazione.
  • L'attenzione alla vita quotidiana e alle cose pratiche.
  • La diversità da una donna all'altra.
  • Il loro senso di colpa nel lasciare la famiglia.
  • Il loro senso artistico.
  • Il loro bisogno di altre presenze.

A noi donne ha colpito degli uomini&

  • La loro leggerezza nel lasciare la famiglia.
  • Il loro spirito di avventura, di sfida compensato dalla paura di cambiare, scoprire qualcosa di se stessi.
  • I giovani, partono volentieri, i più maturi sono più attaccati agli affetti.
  • C'è un'iniziale resistenza a partire, ma durante il viaggio non c'è interesse a mantenere i legami e c'è più senso della ricerca.
  • Il valore del gioco ludico-sportivo.
  • I cambiamenti sempre indotti dall'esterno.

Alla riscoperta del giardino dell'altro: ovvero "il dettaglio"

"È proprio come avviene nei processi creativi della sfera artistica: & Se qualcosa in un paesaggio a renderlo pittoricamente o con una poesia, tale paesaggio& diventa tutto per lui& Nella forza dell'amore, con cui egli abbraccia ciò, l'estraneità di tutte le cose al di fuori di lui sembra qui condensarsi in qualcosa di profondamente familiare, come se il mondo esterno gli si facesse incontro misteriosamente nelle sue fattezze, o come se il suo essere si dissolvesse in esso&" (da Lou Andreas Salomè, Riflessioni sull'amore, Editori Riuniti, Roma 1985).
Per poter godere dell'altro bisogna imparare ad osservare i piccoli "dettagli", ascoltandoli nel racconto senza parole che fanno di se stessi: siamo andati a coppie, questa volta, passeggiando in Città di Castello alla ricerca di un particolare che parlasse ad ambedue. Poi ci saremmo seduti davanti ad esso e avremmo scritto ciò che diceva a me uomo e a me donna: lo stesso dettaglio ci racconterà le stesse cose?
Certo, quando siamo tornati, abbiamo letto ciò che il dettaglio aveva raccontato ad ogni componente della coppia ed era naturalmente scontato che l'avessimo visto così diverso!!!

La visita e l'ospitalità

"L'ospitalità rende leggeri. L'ospitalità è un'intesa silenziosa. Davvero ospitale è, in fondo, l'attesa. Non chiedere la strada a chi la conosce, ma a chi, come te, la cerca. Non so chi tu sia, ma so che mi somigli: ma non è per questa somiglianza che mi sei caro, è perché non hai ancora un nome& Ospitalità: un nome di dieci lettere è il suo territorio. Abbi cura di ognuna di esse". (da Rovatti, Abitare la distanza, Feltrinelli)
Quando si va in visita, quando si accoglie, il rituale per conoscersi e farsi ri-conoscere è imperlato di sguardi, gesti, profumi, piccoli tocchi, dialoghi dove mani, odori e occhi intrecciano continui richiami che sedimentano dentro di noi il segno. Attraverso giochi interattivi abbiamo cominciato a conoscerci anche attraverso i sensi.
"Di cosa è questione? Di una verità fatta di parole. Di un'attesa di questa verità che possiamo chiamare ascolto& Di una tonalità affettiva è il silenzio. Di un tempo di stupore, quando capita che una frase esca di bocca senza averla pensata. E della certezza che quella frase era la frase da dire. (da Rovati, op. cit.)
È stato il momento in cui abbiamo aperto il nostro cuore all'altro, che ci faceva da specchio interrogante. Abbiamo ripescato, rivangato episodi in cui ci siamo sentiti invasi e l'altro ci aiutava domandandoci: Cosa senti? Cosa vuoi? Cosa fai? Per tre volte con le stesse domande in modo da non soffermarci solo sulla prima, superficiale risposta, in un tentativo di far emergere la terra più soffice, dove c'è anche più fertilità.
Abbiamo anche raccontato un episodio di quando abbiamo invece invaso il territorio dell'altro, riconoscendo la difficoltà che spesso non permette di distinguere il confine altrui.
Nella riflessione in gruppo abbiamo allora notato come sia difficile ascoltare, e come certi avvenimenti apparentemente superati, invece riemergono con contorni nitidi. E ci siamo resi conto di quanti modi abbiamo di invadere: giudicando, non ascoltando tutto il linguaggio nonverbale che tanto invece ci parla. Una cosa però abbiamo capito: invadere o essere invasi sono atti che comunque in qualche modo paghiamo.

Che giardino sei?

Adesso abbiamo alcuni elementi in più per sapere chi siamo. È arrivato il momento di costruire il proprio giardino: metafora di sé per potersi raccontare in modo più ricco e personale. Certo abbiamo anche preparato una scheda scientifica di presentazione, così da aiutare il/la nostro/a partner a curarci in maniera accurata.
È iniziata la ricerca di tutti gli elementi da racchiudere in una scatola, dove ha preso forma poco per volta il "giardino" che siamo e poi lo abbiamo descritto al/la nostro/a compagno/a. Dal nostro racconto lui/lei ha poi creato "il fiore" che avremmo evocato in lui/lei e glielo abbiamo donato.
Che emozione vedersi ri-specchiati nel fiore che l'altro/a aveva colto!!!

La costruzione del giardino comune

Con questi fiori singoli abbiamo affrontato l'ultima fatica: dovevamo ora costruire un territorio ove ciascuno conservasse la sua individualità, ma fosse legato agli altri. È stato un momento difficile e fecondo. Tutti abbiamo messo a disposizione le nostre capacità per creare uno spazio di speranza che dovevamo poi tentare di ricostruire nella vita quotidiana, quando il tempo del laboratorio sarebbe terminato per immergerci nelle fatiche delle relazioni reali. È stato frutto dell'ascolto reciproco; certamente chi lo ha visitato non avrà potuto cogliere le emozioni che hanno pervaso la sua costruzione. Ma noi sappiamo quanta delicatezza c'è stata nel cercare di rispettare l'habitat di ciascuno, quante prove abbiamo fatto prima di trovare le soluzioni che permettessero a tutti di trovare il proprio posto, senza essere invaso e senza invadere. Con l'orgoglio della fatica e la dolcezza dell'ascolto&

P.S. Questa narrazione è solo un accenno, una spruzzata di parole che evocano emozioni in chi ha vissuto il tempo del laboratorio. Purtroppo non potrà mai rendere la profondità, la dolcezza, la forza, la delicatezza di intrecci di vita che lì si sono incontrati. Chiediamo scusa alle persone che hanno vissuto con noi il laboratorio per la parzialità di quanto scritto e a chi era in altri laboratori per non essere senz'altro riuscite a rendere ciò che vi abbiamo vissuto. Sicure che nel nostro cuore c'è però uno spazio che conserva persone, sguardi, parole che altrove daranno i frutti&