HO UDITO IL GRIDO
LEZIONI DI RESISTENZA
DAI MONTI NUBA

ALESSANDRA GARUSI

 

A margine della conferenza Sudan: un popolo negato (Roma, 25 febbraio 99), organizzata fra gli altri da Pax Christi, Nigrizia, Mani Tese, Cuore Amico, Amani, ecc. abbiamo intervistato il governatore dei monti Nuba, Yusuf Kuwa.

                      Kuwa, musulmano, è arrivato ad abbracciare la lotta armata solo dopo aver tentato inutilmente di promuovere cambiamenti con mezzi nonviolenti.
Ecco dunque la testimonianza di un "resistente" deccezione.

Noi nuba non vogliamo spaccare il paese. La nostra opzione è un Sudan unito, ma nel rispetto dei diritti di tutte le etnie e culture, senza mescolanze fra religione e stato.

 

In questi anni di lotta ho perso molte, moltissime persone. Risponde così con gli occhi a fessura e una voce carica di dolore, che poi scivola nel silenzio Yusuf Kuwa, governatore dei monti Nuba e leader del Consiglio nazionale di liberazione Splm (Movimento di liberazione del popolo sudanese). Fu proprio seguendo questo abile politico che, nell84, i nuba entrarono a far parte dellSpla (Esercito di liberazione del popolo sudanese) di John Garang e scesero quindi sul piede di guerra. Kuwa, musulmano, è arrivato ad abbracciare la lotta armata soltanto dopo aver tentato inutilmente di promuovere cambiamenti sociali e politici con mezzi nonviolenti. Per tutta risposta lallora primo ministro, Sadiq al Mahdi, aveva scatenato una reazione furibonda. In seguito il governo golpista di Omar al Bashir che prese il potere nel 1989 ed è ideologicamente controllato dal fanatico musulmano Hassan al Turabi ha intensificato loffensiva contro i nuba, servendosi di tutti i mezzi a disposizione. Che ne è oggi di questo popolo, dei loro lottatori resi famosissimi dalle foto di George Rogers e Leni Riefenstahl?

Che ne è della loro società sorprendentemente variegata e tollerante? Fra loro è noto prevalgono i musulmani, ma non mancano i cristiani appartenenti a varie denominazioni e gli aderenti alla religione tradizionale. Ci sono 52 tribù e lingue. Gli adulti in genere parlano diverse lingue, compreso larabo, e sono abituati a muoversi con disinvoltura nel labirinto delle differenze culturali: un patrimonio che è destinato a scomparire? Questo "resistente" deccezione uomo di pace, temporaneamente costretto dalle circostanze ad imbracciare un kalashnikov dice di no. E ci racconta di come si lotta per sopravvivere in uno degli angoli più isolati della terra, i monti Nuba.

Governatore Kuwa, potrebbe darci un quadro della situazione sui monti Nuba oggi?

È dal lontano 1984 che qui vige lo stato di guerra. Da allora il "nemico", e cioè il governo di Khartum, sta tentando di piegare senza peraltro riuscirci la ribellione. Nessuno ne parla, naturalmente. Ma si cerca in tutti i modi di eliminare per sempre il problema: attraverso arresti, detenzioni senza processo in "case fantasma" in cui si pratica ogni genere di tortura, o tramite lislamizzazione forzata, la ripresa della pratica della schiavitù nei confronti di giovani e donne appartenenti alle etnie non islamizzate. E mentre si sa, si scrive, si parla anche se mai abbastanza della guerra del Nord nei confronti del Sud animista e cristiano, il genocidio in atto sui monti Nuba sembra non "bucare" gli schermi televisivi: le mandrie razziate, i raccolti bruciati, le bombe al plastico, le mine antiuomo disseminate nei villaggi, ecc. altrove farebbero scattare subito lemergenza, ma qui no. Qui le organizzazioni umanitarie si vedono tuttora negare laccesso1 ("perché lemergenza, appunto, non cè") e la gente muore come mosche. Di malattie e di fame.

Cosa pensa che succederà nei prossimi mesi?

Non lo so. So solo che solitamente ci attaccavano in marzo, aprile e maggio. Questanno gli attacchi sono invece cominciati a novembre. Gli obiettivi erano le piste di atterraggio attraverso le quali arrivano i pochissimi aiuti umanitari. Volevano cancellarle definitivamente, in modo che niente e nessuno entri o esca dallarea. Penso che sia a causa dellIgad2 (Autorità regionale per lo sviluppo), dellidea di concedere lautodeterminazione al Sud del dopo-indipendenza (1956) e cioè non ai monti Nuba e al Blue Nile che hanno combattuto questi ultimi 15 anni di guerra. Il Blue Nile, in particolare, è stato attaccato pesantemente a partire dal 5 gennaio: hanno colpito tre convogli, da tre direzioni diverse. Siccome lIgad doveva tenersi nel mese di febbraio, loro intendevano arrivarci con le piste datterraggio chiuse sui monti Nuba e con il Blue Nile sotto chiave. Ma ai prossimi colloqui di pace, qualsiasi sia la loro agenda, noi metteremo sul piatto proprio la guerra in queste due zone. Se esiste una soluzione, devessere applicata a tutte le aree coinvolte nel conflitto e non soltanto ad alcune. Sarebbe stupido non farlo, come curare una piccola parte di unenorme ferita.

A suo parere, dunque, i monti Nuba e il Blue Nile fanno parte a tutti gli effetti del Sud?

Sì. E se proprio vogliamo tornare alla storia, penso sia più corretto rifarsi al suddivisione stabilita durante limpero britannico nel 1922 piuttosto che a quella del dopo-indipendenza (1956). Il cosiddetto "closed district" comprendeva per i coloni inglesi appunto tutto il Sud, i monti Nuba e il Blue Nile. Il fatto che il generale Omar al Bashir insista sul 56, è strumentale: la secessione del Sud escludendo Blue Nile e monti Nuba gli consentirebbe di rimettere in sesto le sue truppe e di concentrarle nelle due zone rimaste escluse dallaccordo. Non dimentichiamo che il governo di Khartum è sempre intenzionato ad espandere lislam in tutto il mondo. E quindi qualsiasi sua dichiarazione allapparenza distensiva va inserita in questo contesto. Ecco perché ci opponiamo a separare la "questione Sud" dalla "questione Nuba e Blue Nile".

Che soluzione politica lei propone per la guerra in corso sui monti Nuba?

Una soluzione che non riguardi soltanto i monti Nuba, ma lintero Sudan. La miglior soluzione resta infatti quella di un paese unito, che poggi però su basi nuove. In passato siamo stati marginalizzati e trattati come cittadini di serie B dal nostro stesso governo. In futuro, Khartum dovrà riconoscere la multietnicità, multiculturalità, multireligiosità, il multilinguismo. Allinterno di questa unità chiederemo poi un nostro stato. Se tutto ciò non si verifica e se il Sud si stacca dal Nord, ritengo che abbiamo il diritto di scegliere con chi stare: se con il Nord, o con il Sud, o se per conto nostro, perché no? Vogliamo comunque vivere da uomini liberi. Nessuno di noi vuole cioè tornare alla condizione di prima, allo stato di schiavitù.

Prossimamente lei incontrerà il sottosegretario agli Esteri Rino Serri, copresidente dellIgad Partners Forum. Che cosa gli chiederà?

Gli chiederò di capire a fondo la situazione e, soprattutto, di non prendere la posizione del governo di Khartum. Sicuramente lItalia proprio per il ruolo che Serri oggi ricopre può fare moltissimo: il primo passo, sulla via della pacificazione, è quello di ottenere nuovamente laccesso dei convogli umanitari, delle Nazioni Unite e non, ai monti Nuba. Laggiù si continua a morire ogni giorno di fame e di malattie.

Che cosa sogna per le sua gente, per i suoi figli?

Il mio sogno è di vedere un Sudan unito, libero da tutti i mali e in particolare dalla guerra. Un Sudan forte, perché abbiamo moltissime risorse che possono essere utilizzate a vantaggio di ciascuno. Certo, lottusità di alcuni politici ci ha portato sullorlo di un baratro. Ma sono sempre più convinto che se la gente avesse la possibilità di riunirsi di nuovo, ne verrebbe fuori un paese di cui andare fieri. Riguardo alla mia gente, ai nuba, vorrei che avessero un vero stato. Uno stato che dipenda essenzialmente dalla gente: solo ora stiamo riprendendoci le responsabilità, di cui eravamo stati privati in passato; se ci verrà data lopportunità di essere artefici del nostro futuro, sono sicuro che faremo un buon lavoro. Quanto ai miei figli, desidero che possano studiare e vivere felici in un paese libero e pacifico.

a cura di ALESSANDRA GARUSI

 

DOVE VIGE LA TOLLERANZA

 Sono musulmano e i miei figli sono cristiani: che cè di strano? Sui monti Nuba vige questo spirito di tolleranza, per cui in una stessa famiglia possono coesistere tre religioni diverse.

È stato soltanto quando il governo di Khartum ha cercato di usare la religione per metterci gli uni contro gli altri, che ci siamo resi conto delleccezionalità della nostra condizione.

Personalmente ho sempre creduto che la religione sia una relazione fra Dio e lessere umano. Dio non ti chiederà mai di tuo figlio, del perché sia musulmano e non cristiano o viceversa? Questo lo dicono tutti i testi sacri: il Vangelo, come il Corano o la Torah. Le religioni non sono forse strade diverse che conducono ad un unico Dio?

YUSUF KUWA