NATALE : STORIE DI VITA

 

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Il Natale di Hiroshi
In un lebbrosario giapponese

 

IL NATALE DI HIROSHI
Da un lebbrosario giapponese

Quel mattino del 27 dicembre, freddo, piovoso, il grande salone delle "Religioni" era gremito fino all'impossibile: si celebravano le esequie di Hiroshi. Io dirigevo la cerimonia; il direttore del lebbrosario e tutto il personale era presente. Regnava un grande silenzio, un'atmosfera triste come era il cielo. Hiroshi se ne era andato il giorno prima, la sera di Natale; ma era lì, vivo, nella mente e nei nostri cuori.

Sposato a 27 anni, viveva con l'anziana mamma, la sposa e i suoi due bambini. Pieno di vita e di capacità, aveva occupato posti impegnativi nell'amministrazione comunale della città. Alle imminenti elezioni amministrative si presentava come candidato favorito al seggio di sindaco. Ignorava che la lebbra era in agguato. Orgoglioso, non volendo arrendersi al male, lottò di nascosto finché non dovette inchinarsi alla forza superiore della malattia. Il giorno delle elezioni fu quello della più amara sconfitta: una macchina lo trasportava di nascosto al lebbrosario.

Nei miei giri per le corsie, nonostante il mio saluto, mi ignorò. Mi sedevo accanto al suo letto, ma per due settimane Hiroshi non fece che coprirsi il capo con un lenzuolo. Un giorno sentii la sua voce, una voce ferma: "Padre, perché sei qui, tu, uno straniero?". Mille altre volte mi era stata rivolta la medesima domanda.

"Hiroshi - risposi - capisco che ti possa far meraviglia che uno straniero viva qui con voi ". Cominciai a spiegargli il perché di quella mia presenza. Ma perché non mi giudicasse un eroe, gli dissi che in altri paesi c'erano uomini e donne che facevano lo stesso, e che anche giapponesi all'estero donavano la propria vita per gli altri. E che in tempi lontani un Uomo aveva fatto per amore degli uomini quello che nessuno aveva fatto né poteva fare.

Quel giorno segnò l'inizio dei nostri quotidiani incontri, basati su una semplice reciproca fiducia. Non erano ancora conversazioni su argomenti religiosi, né sembrava che lui ne fosse interessato. Chiedeva invece dell'Italia. Eppure quell'Uomo di cui non sapeva il nome sembrava turbare il suo cuore. Tra noi resisteva come un sottile velo di ghiaccio. Ma che presto si sciolse.

Un giorno Hirishi mi disse: "Padre, vorrei chiederti una cosa. Fammi conoscere quell'Uomo di cui mi hai parlato".

Lo commosse il racconto delle parabole della misericordia, sapere d'un Dio che si interessava ai poveri. Gesù non era solo un Budda compassionevole, ma un Dio che per i fratelli aveva donato la vita. Non capiva ancora tutto, né bene, ma la tenerezza di Dio entrava in lui. Un giorno che teneva la mia mano stretta tra le sue, mi accorsi che ogni volta che qualcosa lo colpiva stringeva le mani, mentre gli occhi erano fissi su di me.

Il Natale era ormai vicino e le condizioni della salute non davano alcuna speranza. Chiedevo al Signore che me lo lasciasse fino a Natale: avrei così gustato la gioia di quel giorno con lui. La mattina del 24 dicembre, con un fil di voce, mi disse: "Padre, è Natale, perché non mi dai il battesimo?".

La sua anima era pronta per il grande dono. Quella notte Gesù nasceva sulla terra e Hiroshi entrava nella vita del cielo.

p.Cesare Tartari, saveriano