Salvo perchè mi credevano morto
"Meno male che sono qui". Magro, ma sorridente, p.Girolamo Pistoni parla a fatica e tiene la mano sopra la parte sinistra del costato. E' lì che lo ha trapassato una pallottola sparata a bruciapelo da uno dei ribelli della Sierra Leone. Rientrato a Roma insieme agli altri missionari Saveriani presi in ostaggio per dieci giorni dai rivoltosi, ora ricoverato in ospedale. Si sente sollevato: "Non ne potevamo più di sentire sparatorie e bombardamenti. Era un continuo. - racconta Pistoni - Durante il sequestro i ribelli ci facevano spostare ogni giorno. Una volta, si sono dimenticati dei miei confratelli Ceresoli, Berton, Guerra e Perez, mentre hanno caricato su una vettura me, fr.Zambiasi e le sei sorelle di Madre Teresa. Lasciate le auto si sono messi in marcia verso le colline. Siamo rimasti nel bosco per tre, quattro giorni con una coperta in due. Bevevamo l'acqua in cui i ribelli si lavavano. Erano un gruppo di giovani che ci prendevano in giro volentieri dicendoci che erano cannibali e che il giorno seguente avrebbero mangiato uno di noi. Una mattina iniziato un bombardamento proprio sul monte dove si trovavano. Ci siamo dati a una fuga precipitosa: eravano molti, perchè oltre noi e 13 indiani, c'erano diversi civili, tra cui parenti dei ribelli. Una scheggia ha ferito una delle suore di Madre Teresa". Sono tornati nella zona est di Freetown, correndo da una casa all'altra: "Finchè ci hanno raggruppati in una. E' stato un attimo: entrato un ribelle con la divisa da ufficiale, ha preso uno degli indiani e gli ha sparato in bocca. Una vera esecuzione. Poi venuto da me, mi ha afferrato per la camicia e mi ha sparato. Sono caduto per terra con il volto coperto da una federa che avevo in mano. Mi hanno dato un calcio e non mi sono mosso. Poi sono andati tutti via". Si è salvato così, p.Girolamo. Purtroppo non si salvata la missionaria della carità, ferita dalla scheggia: "L'hanno uccisa quando sono partiti da quella casa perchè non ce la faceva a camminare spedita". Il missionario ha aspettato che non ci fossero più rumori: "Mi sono alzato, ho visto che potevo camminare e mi sono diretto verso la zona controllata dall'Ecomog. Dietro di me sento dei passi, mi volto e vedo l'indiano a cui avevano sparato in bocca. Si era salvato". Insieme hanno raggiunto il posto di blocco dei militari dell'Ecomog: "Abbiamo alzato le mani perchè non ci scambiassero per mercenari come era successo ai padri Giuseppini del Murialdo. Ci hanno portato subito all'ospedale, - concude Pistoni - ma meglio questo dove mi trovo ora". |