PADRE GIOVANNI CERESOLI RICOSTRUISCE I GIORNI DEL SEQUESTRO
"Quanta paura, ma non posso abbandonarli"
Sono tutti lì all'aeroporto di Orio: i fratelli Giovanna, Luigi, Teresa, Carlo e Antonio, con i figli e gli amici fedelissimi di Filago. Lo spavento passato e ci si sveglia come da un incubo impossibile, troppo lungo per essere vero: adesso tempo di guardarsi negli occhi e abbracciare il fratello "John": p.Giovanni Ceresoli. Dopo un giorno passato a Roma, il missionario saveriano rapito per quindici giorni in Sierra Leone e miracolosamente fuggito dai suoi sequestratori nella capitale Freetown, a casa. Finalmente.
L'attesa lunga, e prima che p.John compaia si fa cerchio: spontaneo raccontare di lui, della sua testardaggine, della sua incredibile voglia di tornare, degli inutili consigli dati prima di Natale per non partire. Non c' è niente da fare: l'Africa il vestito, la pelle, la casa, anche quando ti potrebbe uccidere: "E' vivo solo per il troppo amore dato. I sierraleonesi l'hanno capito", dice dolcemente un'amica.
Padre John, questa volta il ritorno a casa ha un sapore diverso?
"Dopo il sequestro la prima tentazione stata: voglio andarmene via di qui. Datemi un po' di riposo perchè ho bisogno di capire e rivedere tutto. Comunque considero questo rientro in Italia solo un'interruzione. Appena ci sarà un po' di calma in Sierra Leone il mio progetto tornare.
Quali sentimenti abitano il suo cuore ora?
"C' rabbia per ciò che sta accadendo laggiù e per come sta accadendo. Provo anche un grande senso d'impotenza perchè nessuno più riesce a controllare la situazione. L'unica via d'uscita è cercare disperatamente persone che credono nel dialogo e riaprano il tavolo del negoziato fra le parti in gioco: il governo del presidente Kabilah, le truppe dell'Ecomog, i miliziani della ex giunta caduta nel '91 e la marmaglia di ribelli".
Ha dovuto fare i conti anche con la morte?
"Ci sono state tre o quattro occasioni in cui il pensiero della morte mi ha davvero sfiorato. Solo per alcuni attimi, un flash, come quando siamo fuggiti e la macchina che doveva portarci la libertà non partiva più. E intanto dall'altra parte ci venivano incontro le bande dei ribelli, un insieme sgangherato di psicopatici, pronti a sparare con freddezza, senza pensarci, come hanno fatto poi con una delle sei suore di Madre Teresa e p.Girolamo Pistoni. Se fossimo stati rapiti da queste bande avremmo rischiato molto di più".
Cosa ha provato nei confronti dei suoi rapitori durante i lunghi giorni del sequestro?
"Preferisco distinguere tra gli ufficiali dell'ex giunta che nel '91 hanno dovuto lasciare in blocco il governo dell'attuale presidente e la ciurma incontrollata dei ribelli. Verso i primi riesco a provare un senso di rispetto: questi almeno sono motivati dall'insoddisfazione e dalla delusione nei confronti del governo, accresciuta dai gravi problemi economici accumulati dal 1980 in poi, e dal fatto che oggi comanda una specie di governo "fantasma". Il modo per con cui conducono la loro lotta assolutamente inaccettabile. Migliaia di persone hanno perso tutto. Sono almeno tremila i morti. Dagli anni '70 a oggi c'è stata un'escalation della violenza e dell'uso delle armi".
E per i ribelli? Odio o pietà?
"Non vale la pena di odiarli. Sono anche loro dei poveracci".
Cosa l'ha sostenuta in quei giorni terribili?
"La fede certo, ma ci sono attimi in cui l'istinto di sopravvivenza è l'unico muro che pu far superare la paura che da un momento all'altro una pallottola ti potr colpire a morte. Soprattutto negli ultimi due giorni di sequestro in cui ci spostavamo continuamente".
E adesso la situazione a Freetown?
"Con i morti che ci sono stati alto il rischio di epidemie. Ci sono casi di colera. La popolazione dei villaggi attorno si riversata in massa nella zona est della capitale. Un esodo di almeno 300 mila persone. La città in mano alle truppe dell'Ecomog, ma non c' nulla da mangiare e i prezzi sono saliti alle stelle. C'è troppa intransigenza da tutte le parti e ciascuno cura il proprio interesse: l'Ecomog vuole una soluzione militare violenta, il Governo inconsistente, e gli osservatori dell'Onu sono una nullità".
Quindi il futuro della Sierra Leone?
"E' buio".
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