SULL'ONDA DELL'ORIENTE

La scoperta dell'inculturazione

di don Domenico Nava

A chi ritorna da un viaggio si chiede che racconti la sua "esperienza". Normalmente la persona espone la cronaca del viaggio: partenza, incontri, fatterelli curiosi, emozioni, sorprese... e conclude dicendo che è stato un viaggio indimenticabile. Raramente, dopo il racconto, espone l'esperienza, cioè quello che è rimasto come patrimonio nel suo cuore e nella sua mente, quello che ha modificato il suo modo di pensare o di vivere. Tento di non cadere nello stesso sbaglio, rispondendo a chi mi ha fatto la stessa domanda, di ritorno dal secondo viaggio in Giappone.
La cronaca è semplice: ho partecipato ad un corso di "esercizi spirituali", tenuto da p.Franco Sottocornola nella sua Casa di Preghiera e Dialogo interreligioso "Seimeizan" (Montagna della Vita) nell'isola di Kiushu. Temi delle meditazioni: la spiritualità dello scintoismo, del buddismo zen e della Cerimonia del Tè. Dopo gli esercizi spirituali, visita ad alcuni templi scintoisti e buddisti, incontro con due comunità cattoliche e relativa Cerimonia del Tè, visita a Kagoshima, dove sbarcò s.Francesco Saverio, al Mausoleo dei Martiri di Nagasaki, a Hiroshima e alle due grandi citt di Kyoto e Tokyo.
Ed ecco l'esperienza nel senso sopra detto. Anzitutto un senso di smarrimento. Voler "capire intellettualmente" - come intendiamo noi - scintoismo , buddismo e Via del Tè, lascia mortificati. Sentir dire che lo Zen non è una religione, non è una filosofia, non è un sistema di pensiero, nè una dottrina, nè un'ascesi, lascia smarriti. E se chiedi: "Allora in che cosa esattamente consiste lo Zen?". Ti rispondono: "Attento, è una domanda pericolosa". Così ti senti un pesce fuor d'acqua: il tuo modo di conoscere viene come azzerato! Al prossimo viaggio non ti resta che passare qualche giorno in un monastero zen, dove lo Zen non si spiega, ma si vive!
La difficoltà a comprendere non ha però impedito lo stupore di fronte a questi modi nei quali uomini di diverse tradizioni concepiscono il senso della "via" che conduce ai più alti livelli della conoscenza religiosa, basati più sulla "esperienza" che sulla riflessione. Pensando come queste "discipline spirituali" possano segnare profondamente la vita delle persone, orientandole ad una grande libertà dello spirito, non posso che dire: qui c'è la presenza dello Spirito! Sono discipline che hanno qualcosa da offrire non solo alla curiosità degli studiosi, ma anche a qualsiasi comune mortale, noi cristiani compresi, facili a cedere alla moda corrente, la nostra libertà di figli di Dio.
Quello su cui oggi la mia mente ritorna più frequentemente è la Cerimonia del Tè. La pensavo una formalità sociale, con le sue regole; ma non immaginavo lontanamente che fosse una vera disciplina spirituale di semplicità, silenzio, di comunione. Nel mio studio ho appesio, in una cornice, le quattro parole che la caratterizzano e che mi furono regalate in scrittura giapponese: UA' (armonia), KEI (venerazione che si esprime nel servizio), SEI (limpidezza del cuore), DA' (cose semplici, umili, quotidiane). Mi servono per ricordare il monito di p.Franco: "Mi auguro che noi sacerdoti celebriamo la Messa almeno con altrettanta serietà!".
Penso alle nostre Messe verbose e poco partecipate. Forse per questo le preziose verità vitali che vogliamo comunicare, non segnano le persone e la loro vita, arrivano - se arrivano - all'intelletto e vi si fermano, non muovono cuore, mani, piedi.
Ripenso anche alla mia visione del missionario. In tempi in cui si parla di inculturazione,è  radicata in me la convinzione che il missionario debba osservare, anzi "immergersi" nei luoghi e nella cultura dove le comunità umane trovano la sorgente della loro identità. Immergersi con la convinzione che le diversità sono dono di Dio, quindi non ostacoli da superare, ma elementi della pienezza dell'incarnazione e quindi veicoli di fede.
Concludendo mi sento di dire: al di là del prossimo Millennio che stiamo varcando, umanità e Chiesa stanno entrando in una nuova èra: si elencano rischi e sfide, provenienti soprattutto dal tecnicismo; elenco che proietta uno scenario a tinte scure che in noi suscitano più timori che coraggio. Sono convinto che, quando si è coscienti che lo Spirito è ovunque presente e operante e quando si decide di vivere con lo Spirito, protagonista della missione, l'orizzonte storico che ci attende, appare più tinto di speranza.


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