PROSPETTIVE CONCRETE
DI DIALOGO OGGI

 

Ultimo articolo della rubrica iniziata nel numero di ottobre. Il prossimo mese completerà il tema un Dossier, a cura di E. Bianchi: "Il dialogo cristiani e buddisti: Carità e Karuna".

 Tre dialoghi, particolarmente fecondi, che il cristianesimo dovrà tessere nei prossimi anni: con il buddismo, con lislam e con Israele.

Fino a quando la chiesa cattolica si crederà migliore delle altre chiese cristiane e delle altre religioni, non riuscirà a entrare in un dialogo vero con esse.

 


 

Anche se la strada del dialogo è ormai intrapresa, ci sono dei pericoli che possono ostacolarlo o vanificarlo, alcuni dei quali riguardanti specificamente il rapporto con le altre religioni, altri più generali. Tra questi ultimi, ne richiamo due tra i più rilevanti. 

DUE OSTACOLI DA SUPERARE

Il primo grande ostacolo che la chiesa deve superare è linconseguenza, cioè la mancanza di consequenzialità tra ciò che dice e ciò che fa. Un esempio eloquente dellinconseguenza applicata al dialogo è la definizione del buddismo come religione negativa nel libro-intervista Varcare la soglia della speranza di Giovanni Paolo II, che contraddice le aperture coraggiose del papa stesso nei confronti delle religioni non cristiane e crea delle barriere alla possibilità di incontro con le religioni orientali.
Il secondo ostacolo, che può avere ricadute negative nel confronto interreligioso, è legato al discorso morale: è un problema ampio e complesso, di cui sottolineo solo due conseguenze. Innanzitutto, lattuale irrigidimento delle posizioni della chiesa cattolica nel campo della morale ha avuto ripercussioni sul piano ecumenico: la divisione tra le confessioni cristiane ha assunto ora anche un carattere morale, mentre finora era solo a livello teologico-ecclesiale, per cui oggi assistiamo anche ad uno scisma etico tra le chiese.
Secondariamente, ed è laspetto più allarmante, laccentuazione dellaspetto morale ha toccato lessenza stessa della fede: ormai il cristianesimo è visto sempre più solo come filantropia, una filantropia in cui alla fin fine Dio è un elemento non più indispensabile. Questo è il grande tradimento della fede e della tradizione cristiana: un cristianesimo coniugato solo in filantropia, ridotto ormai solo a carità e a organizzazione della carità, rappresenta la fine della fede cristiana.

La fede è ormai così stemperata a morale da togliere ogni possibilità di conoscenza di Cristo: in fondo i giovani sanno tutto ciò che la chiesa vieta, ma non sanno niente della persona di Gesù Cristo.
Alcuni teologi si muovono oggi su questa linea e privilegiano il discorso morale come unica via di incontro tra le diverse religioni: Hans Küng da qualche anno si batte con i suoi libri per unetica delle religioni e per unetica mondiale1. In Italia uno che segue lidea di Küng è Pier Cesare Bori2, mentre qualche anno fa sul versante non cattolico sono usciti contemporaneamente alcuni libri come Etica per un figlio di F. Savater e Come educare alleticità di E. Galli Della Loggia, da cui emerge lidea che la cosa migliore sia realizzare unetica mondiale che accomuni credenti e non credenti, lunica che può assicurare vie di pace e di legalità.
Questo discorso ha i suoi pregi, ma per un cristiano è anche molto rischioso: a mio parere, oggi è necessario ritornare a una vera gnosi cristiana, cioè a sottolineare nuovamente che il cristianesimo è un fenomeno di "conoscenza" di Dio e di Cristo, conoscenza che diventata agápe, si riversa come amore per i fratelli. Non è necessario rinunciare alla specificità del cristianesimo per poter instaurare un dialogo fecondo; anzi, il nostro amore diventerà tanto più sterile quanto più dimenticheremo "la sua origine", lamore di Dio per noi in Cristo: è questo che bisogna prima di tutto "conoscere".

IL DIALOGO CON IL BUDDISMO E CON LISLAM

Ci sono delle considerazioni più specifiche, a proposito del dialogo con le due grandi religioni con cui il cristianesimo dovrà confrontarsi nei prossimi anni, il buddismo e lislam, e con Israele, in cui si radica la nostra fede.
Nel libro Il Signore, Romano Guardini scrisse che il buddismo sarà lultimo grande nemico ad essere vinto (parafrasando 1 Cor 15,26 "lultimo grande nemico è la morte"). Il problema non è "sconfiggere" il buddismo; il problema vero è dato dal fatto che esso è spiritualmente raffinato quanto il cristianesimo. Ma il buddismo è un fenomeno per molti aspetti "ateo" (uso questo termine secondo le nostre categorie): per questo, probabilmente, lincontro tra il buddismo e cristianesimo sarà più facile dellincontro con altre religioni. Il buddismo non dovrà rinunciare a nulla, dovrà solo aggiungere la consapevolezza che Gesù Cristo è la salvezza.
Diversa, invece, è la situazione con lislam, che a mio avviso ha intrapreso in questi ultimi anni una vera e propria sfida con il cristianesimo. La religione islamica oggi è spesso identificata da noi occidentali con il fondamentalismo, ma dobbiamo ricordare che si tratta di un fondamentalismo religioso, nazionale e politico: per noi cristiani il problema non si deve porre a livello politico, e la sfida sarà far vedere ai musulmani la nostra disponibilità a concedere tutto, svuotando così di ogni fondamento larroganza che alcuni fondamentalisti islamici manifestano. Se non facciamo questo, entriamo nella logica del nemico, che è sempre logica di morte.

IL DIALOGO CON ISRAELE

Infine, per impostare un dialogo veramente fecondo con Israele, bisogna ritornare alla Scrittura e cercare di cogliere la lettura profonda che il Nuovo Testamento fa della storia della salvezza, dalla creazione alla venuta di Cristo glorioso: fondamentale è la categoria di alleanza. Nel Nuovo Testamento ci sono tre posizioni sul problema del rapporto tra antica e nuova alleanza.
La prima posizione, quella dellesclusione, si trova solo nella Lettera agli Ebrei, precisamente quando afferma che "dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima" (Eb 8,13). La seconda è quella della coesistenza delle due alleanze, dovuta soprattutto a Paolo e agli Atti degli apostoli. Ma il modello prevalente è quello della continuità: tra Antico e Nuovo Testamento si trovano cinque alleanze tra Dio e gli uomini con Noè, con Abramo, con Mosé, con Davide e quella in Gesù Cristo nessuna delle quali ha rotto con la precedente, ma ha anzi realizzato un compimento.
È in base a questo modello della continuità che i teologi riuniti a Castel Gandolfo nel 1988 hanno dato ragione a Giovanni Paolo II (cf. MO, gennaio 99 pagina 34). È in base al modello della continuità che Ratzinger ha affermato che la nuova alleanza non cancella la prima perché, come dice Paolo (cf. Rm 9), i doni di Dio sono senza pentimento.
Ritengo che ci sia una sola via di salvezza e questa è il Messia: per noi cristiani il Messia si è già rivelato in Gesù Cristo, mentre per gli ebrei permane lattesa. Su questo credo che siano daccordo anche gli ebrei, a cui del resto Dio ha promesso la venuta di un Messia nella gloria e non nella sofferenza, come è avvenuto con Gesù Cristo. Questo significa, per noi cristiani, rendere viva lattesa escatologica, cosa che la chiesa attualmente non fa.

UN POSSIBILE LEGAME: LA SAPIENZA

In conclusione, vorrei suggerire una possibile apertura, un possibile punto di convergenza tra cristianesimo e le altre religioni. Innanzitutto, credo che per noi cristiani Gesù Cristo debba rimanere centrale. Questo non significa far coincidere pienamente Cristo e Gesù, perché il termine Cristo designa una funzione più ampia di quella svolta dal Gesù terreno. La funzione di reintestare in Cristo tutte le cose, la funzione escatologica è in atto: noi non ne scorgiamo le attuazioni, ma cè una presenza di Cristo non invocato, anonimo, che deborda la chiesa.
Per alcuni è lo Spirito Santo che permetterà di vedere nei non cristiani un legame con i cristiani; secondo me ha più importanza riprendere a livello biblico la figura della Sapienza3, ed è su questo che mi sembra urgente riflettere.
Il giudaismo nel suo incontro con il paganesimo, cioè con lellenismo un incontro che ha coinvolto tutti gli ebrei, sia quelli in Palestina sia quelli in diaspora ha fatto ricorso allelaborazione della teoria della Sapienza: allinterno dei libri del Siracide, dei Proverbi, dei Salmi, della Sapienza, essa è una figura di inclusione perché rappresenta lazione di Dio nel mondo e la realizzazione del suo progetto.
La Sapienza ha trovato varie definizioni e identificazioni: è architettura, piano di Dio (cf. Pr 3,13; Sap 9,2; Ger 10,12); è parola di Dio (cf. Sir 24,3). Nel mondo orientale la Sapienza è stata poi identificata con lo Spirito Santo, mentre nel mondo occidentale con Gesù Cristo4 attraverso cui ogni cosa è stata fatta. Lebraismo ha anche operato lidentificazione della Sapienza con la Torah, e in tempi recenti in ambito cattolico (e in maniera del tutto bizzarra), si è arrivati a far coincidere la Sapienza con Maria. Dunque la Sapienza ci riporta a un universo precristiano e pretestamentale: lunica signoria di Dio si è manifestata nella Torah, in Cristo, nello Spirito Santo e si manifesta nel piano architettonico con cui Dio vuole salvare tutti gli uomini.
Il legame con lAntico Testamento è dunque ben saldo: Dio salva gli uomini attraverso due vie, quella della verità rivelata (la Scrittura, considerando come Scrittura anche le culture orali, non necessariamente le sole parole scritte) e quella della Sapienza. Anche con lislam si possono aprire nuove possibilità di dialogo: nel Corano è scritto di Gesù: "Ricordati, Gesù, quando io (Allah) ti insegnai la Scrittura, la Sapienza, la Torah e il Vangelo" (sura V,110).
Credo sia possibile trovare vie di dialogo senza perdere la specificità cristiana, la nostra identità, e senza perdere la certezza che Cristo resta lunico Signore, lunico salvatore e lunico mediatore. Si tratta però di cercare la nostra unicità relativamente alle altre religioni e non una singolarità deccellenza. Questo è il male della chiesa: fino a quando la chiesa cattolica si crederà migliore delle altre chiese cristiane e delle altre religioni, non riuscirà a entrare in un dialogo vero con esse.
Noi dobbiamo certo pretendere di avere una singolarità e ununicità, perché sia lebraismo che il cristianesimo sono religioni universali per la salvezza di tutti, per cui la singolarità nel Messia e nel Cristo devessere preservata: se noi perdessimo questo, perderemmo lidentità cristiana. Ma non abbiamo una singolarità deccellenza, bensì una singolarità relativa agli altri e per gli altri.

Enzo Bianchi

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